La mia storia inizia così, con una domanda. Questo è un caso estremo, ma la mia storia passa proprio attraverso una rinascita, la mia rinascita.
È l’8 settembre 2011, una data importantissima, tutto si ferma per quaranta giorni. Quando mi sono risvegliato tutto era cambiato, io ero mutato sia fisicamente che, mentalmente. Stavo vivendo e ero rimasto in vita grazie a dei macchinari, la mia vita era, concretamente, appesa a un “filo elettrico”.
Resto in ospedale per 6 mesi, un lasso di tempo molto ampio, durante il quale ho potuto riflettere, pensare, metabolizzare il dramma, ma soprattutto comprendere la “fortuna” che si celava dietro al dramma
Quella fortuna che, purtroppo, non possiedono gli animali nati negli allevamenti, il cui destino è già stato scritto, prima ancora di nascere. A questo destino non potranno sottrarsi in alcun modo.
Esco dall’ospedale e fa capolinea nella mia vita un'”anima angelica”, un cane, che irrompe con tutta la sua energia nel mio cuore e mi sostiene ogni giorno nel mio cammino riabilitativo. I suoi occhi mi trafiggono il cuore e mi chiedo se quegli occhi possano essere gli stessi di un qualsiasi altro animale non umano che ha avuto la sfortuna di nascere nel “corpo sbagliato”.
Nel 2014 divento volontario di Legambiente e, nello stesso periodo, vi è la disputa, tutt’ora in atto, sull’eccesso della popolazione di daini che abita la pineta di Classe (Ravenna). Combatto strenuamente per impedire il loro massacro e, al contempo, inizio a raccogliere i pezzi del “puzzle” e a domandarmi se io fossi realmente diverso da coloro che ne chiedevano la morte, quando poi mangiavo altri animali.
Hanno forse un peso diverso le diverse vite oppure, la Vita è Vita in quanto tale?
C’è forse molta differenza tra la vita di un animale e quella di un bambino?
Mi fornisco delle risposte, il “puzzle” è quasi completo:
“No, entrambi sono esseri indifesi e la vita è sacra e inviolabile in quanto tale.
Decido quindi di smettere di privare altri esseri del bene più prezioso, la Vita.
Archimede disse: “Datemi una leva e vi solleverò il mondo”, nel mio caso non è stata sufficiente un’unica leva per sollevare la mia coscienza, ma tante piccole leve e punti di appoggio, ma l’importante è essere riuscito nel cambiamento, nella rivoluzione personale.
Se prima di tutto questo mi avessero detto che sarei diventato vegano mi sarei messo a ridere, ero io stesso ad additare i vegani come estremisti, ma ora mi rendo conto che non c’è nulla di estremo nel ripudiare gli abusi e la violenza commesse su altri esseri viventi.
La transizione verso una dieta vegana non è stata facile, ho dovuto combattere contro il parere avverso dei miei genitori, poiché in quel periodo mi trovavo ancora a vivere con loro, ho dovuto rapportarmi con i miei amici che, in quanto tali, avrebbero dovuto e hanno accettato indiscriminatamente la mia scelta.
Ma la domanda che mi ponevo all’inizio del mio percorso da neofita è: “E adesso cosa mangio?”
Vado a vivere e a studiare a Bologna, presso l’Alma Mater Studiorum e lì posso, finalmente, intraprendere il mio cammino da autodidatta, mi inizio a informare con vari mezzi: libri, social, newsletter; e tutto, come per magia, sembra farsi più chiaro, la “luce in fondo al tunnel” è sempre più vicina.
Inizio a sperimentare in cucina con ingredienti conosciuti e nuovi, inizio a scoprire nuovi sapori e la biodiversità presente nel regno vegetale.
I mesi passano, anzi gli anni passano, i miei genitori finalmente accettano il mio mutamento e sono contenti nel vedermi in salute e soddisfatto. Inizio ad amare la cucina e mi diverto a preparare piatti cruelty free per i miei amici: piatti della tradizione emiliano-romagnola, ma in chiave vegana. Vedo le loro facce felici e incredule allo stesso tempo, forse ho insinuato un seme nelle loro coscienze che presto germoglierà e darà origine a un nuovo risveglio.
Una sera decido di andare a fare un giro in centro città e lì ho conosciuto i ragazzi di “Anonymous for the Voiceless” e chi legge dirà: “Quindi?”
Quindi parlando con loro ho capito che la mia dieta vegana “non era abbastanza” per la causa animale, occorre anche dar voce a questi animali, scendere in strada per far conoscere gli occhi, pieni di sofferenza, degli animali che si celano dietro ai prodotti presenti sugli scaffali.

Andrea Gugliotta – Attivista per i diritti degli animali
Così decido di entrare a far parte di questa organizzazione che mi vede tutt’ora partecipe e inizio a scendere in strada per “urlare a gran voce” la verità.
Oggi, dopo ormai 10 anni in cui la mia dieta non prevede più animali e derivati, posso dire di sentirmi soddisfatto, di aver conosciuto persone fantastiche, aromi e gusti altrettanto ottimi e non vedo l’ora di conoscerne e scoprirne di nuovi.
Tornando alla domanda di apertura: “Forse c’è bisogno di morire per comprendere il valore della vita?” Probabilmente, nel mio caso, l’evento sopracitato è stato la chiave di volta di tutta la trasformazione. L’attaccamento alla vita che è scaturito dal mio vissuto è stato l’inizio del tutto.