Tutti i dubbi sulla carne coltivata o sintetica possono trovare una spiegazione attraverso una corretta informazione non omologata ad interessi economici o politici sulle Alternative Vegetali e Cellulari alla carne.
“L’essere o non essere” di un sistema produttivo sempre più obsoleto che insiste su terminologie vuote e pratiche realmente dannose e violente sugli animali e sul pianeta: questo è il problema che bisogna decidersi ad affrontare.
Il sistema di produzione della moderna zootecnia è insostenibile e la minoranza, che oggi chiede un cambiamento di rotta e la trasformazione di uno stile alimentare fermo al Neolitico, non sbaglia.
Sulla carne coltivata c’è un pregiudizio innanzitutto linguistico, come dice Roberto Defez, direttore del laboratorio di biotecnologie microbiche IBBR-CNR di Napoli:
“Di sintetico non ha nulla. C’è sempre questo mito del «ritorno alla natura», ma la natura non ha creato gli allevamenti intensivi: non siamo cacciatori che vanno nella savana a competere con animali selvatici in un ambiente naturale”.
Roberto Defez
Nel nostro Paese gran parte della carne bovina, suina, ovina ed anche equina è DI IMPORTAZIONE.
Il motivo si riassume in una parola: PREZZO!
Infatti, costa molto meno comprare carne dal Brasile che dalla propria filiera Italiana.
Prezzi molto, molto diversi e molto più contenuti.
Fanno eccezione le carni di pollo e di tacchino che sono prodotte in quantità sufficienti direttamente in Italia (grazie agli allevamenti intensivi spacciati per Bio, più volte denunciati, che hanno animali, selezionati fino a diventare mostruosi, alimentati con mangimi ogm).
Il Regolamento UE del 2013 stabilisce che per le carni bovine, ovine, caprine, suine e di volatili, la provenienza deve essere riportata in etichetta. È interessante però notare come, quando il contenuto di carne nelle lavorazioni scende al di sotto del 99%, salti l’obbligo di apporre tali informazioni in etichetta.
Basta un ingrediente diverso dalla carne presente nella preparazione anche in piccola quantità …può essere ad esempio anche un acido ascorbico, un po’ di sale che faccia scendere la percentuale, leggendo gli ingredienti possiamo trovare fiocchi di patata, fibra vegetale, agrumi e anche il bambù, e si può omettere l’origine.
Nel servizio si portano ad esempio gli hamburger di provenienza industriale.
Questo ha portato a numerose indignazioni per mancata trasparenza. Anche Altro Consumo si è occupata della questione provenienza della carne nei prodotti trasformati, evidenziando che su un cospicuo campione di preparati prelevati in supermercati, solo una minima parte dichiarava l’origine del prodotto.
E poi c’è la questione del trasporto di animali vivi, qualcosa di orribile ed obbrobrioso.
Paesi come Austria, Germania, Danimarca e Lussemburgo, seguendo anche il parere EFSA, hanno chiesto di intervenire a livello europeo con una stringente revisione normativa per disincentivare al massimo queste pratiche entro il 2023.
Ma l’italico governo, secondo cui gli animali sono nulla più che oggetti di consumo, ha scelto per ora di sostenere la direzione opposta.
La comunità scientifica è stata molto chiara: l’attuale sistema alimentare basato su allevamenti e prodotti di origine animale è insostenibile e, se vogliamo frenare la crisi climatica, dobbiamo invertire la rotta.
Anche l’ex ministro della “Transizione ecologica” Cingolani, consultato nuovamente dall’attuale governo, aveva apertamente dichiarato la nocività del consumo di carne, dipendente non solo dall’impatto sulla salute, ma dall’INSOSTENIBILITÀ DEGLI ALLEVAMENTI, nonché dell’agricoltura intensiva necessaria al loro sostentamento, e aveva prospettato chiaramente tra gli obiettivi di transizione una necessaria TRASFORMAZIONE DELLE ABITUDINI ALIMENTARI, orientata all’ampia sostituzione delle proteine animali con quelle vegetali!
Cingolani ribadì questi concetti, già espressi in un articolo scientifico del 2019 intitolato “Il cibo nell’Antropocene”, riprendendo una precedente pubblicazione di The Lancet.
Che ne sarà stato nel frattempo, perché non se ne è più parlato?
L’economia conta più del rischio delle catastrofi che aumentano di volta in volta in frequenza ed intensità?
È da incoscienti emanare leggi che frenino il passaggio alle proteine vegetali e coltivate: è in controtendenza con le indicazioni della scienza e con gli obiettivi della strategia europea Farm to Fork, che prevede invece di incentivarle.
Tutto questo clamore di chi per settimane si è affrettato nelle varie arene talk show sul tema delle alternative cellulari alla carne, definendole “sintetiche” e abbinandole al discorso della “farina di grilli”, oggi trova tanta voglia di fare del cabaret di quart’ordine contro qualcosa che neppure conosce. Un domani qualche disastro climatico potrebbe fargli passare questa voglia e spegnere in un colpo tanti bei sorrisi da facce incredule.
Dario Bressanini, un docente di chimica dell’Università dell’Insubria, notissimo sui social per la sua attività divulgativa per tutto ciò che concerne scienza e fake news sull’alimentazione, ha innanzitutto chiarito una cosa fondamentale:
«La carne sintetica non esiste. Esiste la carne coltivata, in vitro o per bioreattore. Un elemento sintetico è qualcosa che si assembla da zero in un laboratorio chimico: gli elementi che creano questo cibo sono invece cellule normali che crescono, si duplicano, si moltiplicano come in un normale organismo. Solo che in questo caso viene realizzato con un bioreattore».
La seconda cosa che precisa Bressanini è che «Quel decreto legge non vieta niente. Per due motivi: il primo è perché questi prodotti non esistono, è un po’ come vietare di mangiare carne di yeti. Ma se anche esistessero da qualche parte nel mondo, non si potrebbe vietare niente, perchè di fatto sarebbero già vietati: ogni nuovo cibo deve essere preventivamente approvato dall’Unione Europea, cosa che non è accaduta. Al momento quindi non c’è niente da vietare».
Poi affronta anche un eventuale, probabilissimo, futuro: «Se in un futuro prossimo delle startup presumibilmente tireranno fuori questo genere di prodotti, e succederà perchè si stima che il mercato sarà di svariati miliardi, vorrà dire che chiederanno le autorizzazioni all’EFSA europea e all’FDA americana. E quando i test di sicurezza alimentare europei saranno passati e superati, questo decreto varrà meno della carta straccia, perchè non ci si può opporre alla libera circolazione delle merci nel mercato europeo».
Il protezionismo dettato dal governo NON DIFENDE AFFATTO IL MADE IN ITALY, anzi!
Il nostro Paese corre in realtà un unico, serio rischio: quello di rimanere indietro rispetto al resto del mondo, diventando terreno di conquista per le aziende di altri Paesi e mortificando, fino a farli scomparire, i centri di ricerca pubblici e privati che stavano puntando sulle fonti di proteine alternative.
Dario Bressanini Prosegue con l’opinione che si è costruito sulla carne cellulare dopo averla degustata in prima persona: “Io ho assaggiato la carne sintetica e mi è piaciuta molto…
… prima di vietare bisogna conoscere e ascoltare il parere dei nutrizionisti e degli esperti del settore. È importante capire se è possibile produrre delle proteine salvaguardando anche l’ambiente“
Ci sono sempre più chef, addetti ai lavori e critici gastronomici, come Anna Prandoni, Francis Mallmann (ex “Carnivore King”) e Marco Pierre White, che all’assaggio l’hanno trovata buonissima..
In un’intervista il professor Cesare Gargioli del Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma Tor Vergata, spiega chiaramente che non ci sono sieri fetali e macellazioni ma un semplice prelievo di cellule. Non allevano e macellano animali per produrla. Non si consuma più acqua, anzi molta di meno e lo dice chi lavora nell’ambito della ricerca.
Il siero bovino fetale non si usa più da un pezzo!! Fu usato all’inizio della sperimentazione ma costava troppo ed era troppo variabile per venire omologato. In diversi si impegnano a diffondere falsità sull’argomento facendo il gioco della zootecnia. Ora si usano microalghe e fermentazione dei lieviti. Poi ogni azienda sviluppa il proprio liquido.
Come si ottiene la carne coltivata:
- le cellule staminali vengono prelevate dall’animale tramite biopsia, o possono essere utilizzare cellule staminali iPSC o embrionali
- vengono poste in colture cellulari apposite che le fanno differenziare in cellule muscolari
- vengono fatte replicare a centinaia di migliaia tramite bioreattori per espansione cellulare che hanno il compito di NON indurre differenziamento cellulare ma bensì esclusivamente di aumentare il numero di cellule nel bioreattore (grazie anche all’utilizzo di “scaffold” che sono delle architetture 3D, nella maggior parte dei casi polimeriche, che permettono l’adesione cellulare e la successiva proliferazione) per cui vanno tenuti sotto controllo tutta una serie di parametri.
- il medium di coltura cellulare (contenente citochine, fattori di crescita, nutrienti, ecc…) viene regolarmente cambiato tramite appositi ricambi (perfusion batch) per far avere sempre apporto nuovo di medium per permettere il corretto apporto di nutrienti.
In uno studio denominato “Environmental impacts of cultured meat production Hanna L Tuomisto et al. Environ Sci Technol. “ si considera la comparazione tra l’impatto di carne coltivata e non:
“La carne coltivata (ovvero la carne prodotta in vitro utilizzando tecniche di ingegneria tissutale simili a quelle impiegate in medicina per ricostruire i tessuti) viene sviluppata come alternativa potenzialmente più sana ed efficiente alla carne convenzionale. Il metodo di ricerca Life Cycle Assessment (LCA) è stato utilizzato per valutare gli impatti ambientali della produzione di carne coltivata su larga scala. Si presumeva che l’idrolizzato di cianobatteri fosse utilizzato come nutriente e fonte di energia per la crescita delle cellule muscolari. I risultati hanno mostrato che la produzione di 1000 kg di carne coltivata richiede 26-33 GJ di energia, 367-521 m(3) di acqua, 190-230 m(2) di terra ed emette 1900-2240 kg di emissioni di CO(2)-eq. Rispetto alla carne europea prodotta in modo convenzionale, la carne coltivata comporta un consumo energetico inferiore di circa il 7-45% (solo il pollame ha un consumo energetico inferiore), emissioni di gas serra inferiori del 78-96%, uso del suolo inferiore del 99% e consumo di acqua inferiore dell’82-96% a seconda del prodotto confrontato. Nonostante l’elevata incertezza, si conclude che gli impatti ambientali complessivi della produzione di carne coltivata sono sostanzialmente inferiori a quelli della carne prodotta in modo convenzionale.”
Poter avere carne coltivata o sintetica, come la chiamano, e con essa anche pesce, latte, ecc. più sani e senza uccidere gli animali o danneggiare il pianeta è un’invenzione paragonabile alle più importanti al mondo. Qualcosa che veramente può far evolvere gli esseri umani.
Chi ora si oppone al progresso con tutte le forze si opporrebbe anche alle cure basate su tecnologie di coltivazione cellulare di organi e parti anatomiche per guarire malattie terminali?
Lo spettatore televisivo medio, a cui fanno bere tutto quello che dice la pubblicità, preferisce mangiare animali che provengono da chissà dove, maltrattati e imbottiti di ormoni, microplastiche, mercurio e farmaci, e, se sente parlare di trapianti curativi con tessuti cresciuti in laboratorio, è contento per i progressi della medicina!
La fondazione Veronesi, che di tessuti coltivati ha qualche esperienza, smentisce le derive protezioniste promosse dal governo: “la carne coltivata è sicura e utile (e mangiarla non è obbligatorio).”
Usando le energie rinnovabili, la carne coltivata porterebbe una riduzione di gas serra di 17% rispetto alla carne di pollo, 52% rispetto al maiale e 85-92% al manzo. Non servono antibiotici né farmaci ed è soprattutto priva di quella crudeltà che rende gli animali schiavi sfruttati a morte da secoli.
Sarebbe una produzione più efficace in termini temporali per quanto riguarda lo spreco di risorse e molto più efficiente dal punto di vista dello sfruttamento delle risorse idriche. Potrebbe proteggerci dagli sconvolgimenti causati dal riscaldamento globale. Si risparmierebbe un sacco di spazio che potrebbe venire usato per rendere biologica e mista l’agricoltura.
END THE SLAUGHTER AGE è una ICE, una proposta di legge avanzata e accettata su iniziativa di un gruppo di attivisti individuali. Le firme vengono raccolte in 27 paesi dell’UE e se si raggiunge il numero di firme richieste, l’ICE non potrà essere ignorata e cestinata, ma la Commissione Europea sarà OBBLIGATA a esprimersi in merito e deliberare! Visti i forti interessi lobbisti che orbitano intorno a questo argomento, com’è prevedibile è molto ostacolata, ma potrebbe costituire un piccolo gradino verso l’assunzione di responsabilità per il progresso. Se ne comincerà a parlare in sede europea. Più firme ci saranno, più il segnale sarà forte.
Forse è prematuro sperare nella riconversione di tutti gli allevamenti e macelli, ma togliere loro parte dei sussidi agricoli potrebbe contribuire a una progressiva dismissione di una buona parte di essi, cosa che sta già avvenendo di anno in anno. Parliamo di attività non più sostenibili economicamente, eticamente ed ecologicamente. Sono lavori che sempre meno si vedono fare da italiani e che vengono delegati.
Gli allevamenti intensivi fanno danni, inquinano, contribuiscono alla deforestazione, all’innalzamento delle temperature globali ed alla siccità e desertificazione.
La carne viene venduta perché, proprio grazie ai sussidi, costa poco. Senza i sussidi il prezzo si alzerebbe. Sarebbe una reazione a catena. Perché gli animali dovrebbero perdere questa opportunità?
Il fatto che vi sia ancora richiesta, soprattutto in alcune porzioni del pianeta, rappresenta gli ultimi spasmi di un mondo mostruoso che ha ormai un percorso segnato; esistono studi in merito e le proiezioni sono a sfavore di carne e derivati animali. Non appena si offriranno alternative, i consumi saranno destinati a scendere.
Chi inorridisce per le condizioni degli animali negli allevamenti e rifiuta di sostenere ETSA – END THE SLAUGHTER AGE, mostra una profonda incongruenza tra intento e azione.
“Viviamo in un mondo che ama la carne. McDonald’s vende 2,4 milioni di Big Mac al giorno. Sperare che gli umani abbiano un’illuminazione e si rendano conto dell’uguaglianza degli animali è inverosimile. Considerando che la popolazione vegana d’America è solo il 6% e che dobbiamo limitare l’aumento della temperatura globale al di sotto di 1,5 gradi prima della metà del secolo, semplicemente non abbiamo il tempo di discutere dei diritti dei singoli animali.”
– wired.com
Dovremmo essere molto più realisti e affrontare il mondo così com’è adesso: in pericolo.
Contribuire, anche in minima parte, all’argomento contro la carne coltivata o sintetica, evita di consentire una via d’uscita al genere umano: ai mangiatori di carne più che ai vegani, ciò significa promuovere la continuazione dello sfruttamento degli animali e della distruzione ambientale.
Questo non è molto vegano.
*Iniziativa dei Cittadini Europei
Note Bibliografiche
Dichiarazioni Roberto Defez, direttore Laboratorio di biotecnologie microbiche IBBR-CNR di Napoli
Presadiretta – Carne d’importazione
AltroConsumo – Da dove arriva la carne
Animal Equality – Trasporto animali vivi
Stop Animals cruelty