FAQ Vegan: risposte alle domande più comuni

Qui troverete le FAQ Vegan, cioè le risposte alle domande più comuni.

FAQ è l’acronimo di Frequently Asked Questions. Ecco le domande più frequenti che solitamente ci vengono rivolte e le rispettive risposte.
Se fra queste non trovi quello che cerchi, contattaci!

Indice dei contenuti
  1. MANGIO POCHISSIMA CARNE E CONTINUERÒ A MANGIARNE CON MODERAZIONE E NON PROVENIENTE DA ALLEVAMENTI INTENSIVI.
  2. PERCHÉ CHI È VEGAN TENDE A MANGIARE COSE SIMILI A QUELLE CONTENENTI ANIMALI E DERIVATI ?
  3. CARNIVORI, ONNIVORI, ERBIVORI, FRUGIVORI… E ALLORA I CANINI?
  4. ALLORA PERCHÉ DIGERIAMO LA CARNE?
  5. PERCHÉ SEI VEGANO E NON VEGETARIANO? I VEGANI SONO ESTREMISTI. 
  6. MANGIO LE UOVA DELLE GALLINE DI MIA ZIA. LEI LE TRATTA COME FIGLIE. COSA C’È DI SBAGLIATO NEL MANGIARLE?
  7. POSSO CAPIRE IL PERCHÉ NON BISOGNEREBBE MANGIARE LA CARNE, MA IL LATTE E LE UOVA?
  8. PERCHÉ I VEGANI NON MANGIANO IL MIELE?
  9. SI DIVENTA VEGAN, MA IL RESTO DELLA FAMIGLIA NO. COME COMPORTARSI CON LORO?
  10.  È VERO CHE I VEGANI HANNO CARENZE DI B12? 
  11. LO SAI CHE ANCHE LE VERDURE SOFFRONO?
  12. LA VITA È COSÌ: MUCCHE, MAIALI, GALLINE, AGNELLI ECC… NASCONO PER ESSERE MANGIATI DALL’UOMO
  13. ANCHE IL LEONE MANGIA LA GAZZELLA QUESTA È LA CATENA ALIMENTARE.
  14. HAI PRESENTE COME SONO GRANDI E GONFIE LE MAMMELLE DELLE MUCCHE ? SE NON LE MUNGI LE FAI STAR MALE! 
  15. SAREBBE IMPOSSIBILE DIVENTARE TUTTI VEGANI: NON CI SAREBBERO ABBASTANZA VEGETALI PER SFAMARE TUTTI
  16. SE SEI COSÌ ATTENTO A SALVAGUARDARE L’AMBIENTE, PERCHÉ USI L’AUTO E IL CELLULARE 
  17. IL PESCE LO MANGI?
  18. SE NON SI MANGIASSERO ANIMALI QUESTI CRESCEREBBERO A DISMISURA 
  19. LO SAI CHE SE NON SI ALLEVASSERO GLI ANIMALI, QUESTI SI ESTINGUEREBBERO?
  20. CI SONO PROBLEMI MOLTO PIÙ GRANDI E VOI VI PREOCCUPATE DEGLI ANIMALI?
  21. NEL CASO IN CUI TI TROVASSI SU UN’ISOLA DESERTA, MANGERESTI GLI ANIMALI?
  22. HAI RAGIONE, TI AMMIRO PER CIÒ CHE FAI! MA IO SENZA CARNE NON POSSO STARE. 
  23. I VEGANI IMPONGONO AI LORO FIGLI UN'ALIMENTAZIONE 100% VEGETALE
  24. COSA DAI DA MANGIARE AL TUO CANE O GATTO?
  25. HO ACQUISTATO UN ALIMENTO 100% VEGETALE, MA SOPRA C'È SCRITTO CHE PUÒ CONTENERE TRACCE DI LATTE, UOVA, ECC…
  26. PERCHÈ UN VEGANO NON INDOSSA SCARPE O VESTITI IN PELLE, PELLICCIA, LANA, SETA O PIUMINI?
MANGIO POCHISSIMA CARNE E CONTINUERÒ A MANGIARNE CON MODERAZIONE E NON PROVENIENTE DA ALLEVAMENTI INTENSIVI.

Quest’affermazione: “mangio pochissima carne e continuerò a mangiarne con moderazione e non proveniente da allevamenti intensivi” risulta essere un’attestazione di quanto gli esseri umani riescano ad essere egoisti nel soddisfare quello che è solo un gusto e non una necessità e a dimostrarsi privi di empatia e di lungimiranza.

Malgrado gli allarmi lanciati da anni da migliaia di scienziati (vedi il rapporto «Cambiamento climatico e territorio» del comitato scientifico dell’Onu) ancora si finge a maggioranza di non vedere e si sorvola su tutte le tematiche ambientaliste legate al surriscaldamento e alla perdita di biodiversità.

Questa moderazione per convenienza non farà sì che gli animali muoiano con moderazione, né che la deforestazione avvenga con moderazione! Gli animali moriranno comunque tantissimo, i bambini dei paesi in via di sviluppo continueranno a soffrire la fame e l’umanità continuerà ad espandere la medesima cultura basata su un dominio di altre specie: sottomesse, torturate, castrate, stuprate, decornate, debeccate, con la cavezza anti succhio… costrette a cedere la loro pelle e schiavizzate a morte da millenni.

Perché non va bene mangiarne “pochissima”? Perché se commetti qualcosa di sbagliato, ad esempio un crimine o un tradimento, non è che lo puoi commettere “pochissimo” o in un modo migliore di un altro. Lo commetti e basta.

PERCHÉ CHI È VEGAN TENDE A MANGIARE COSE SIMILI A QUELLE CONTENENTI ANIMALI E DERIVATI ?

Perché mangiare cose simili che abbiano la stessa forma o lo stesso nome dei cibi onnivori? Il cibo è uno dei grandi piaceri della vita, c’è creatività e godimento, c’è passione e desiderio.

Chi è vegan per motivi etici non ha abbandonato quei cibi perché ne detestava il sapore o non li desiderava più, ma perché, attraverso una nuova consapevolezza è arrivato a detestarne la provenienza e aborrisce il modo in cui sono stati ottenuti. 

A chi si pone domande sul fatto che i vegani tendono a riprodurre forme e gusti simili al gusto onnivoro bisognerebbe ricordare che quelle forme geometriche a forma di wurstel, salsiccia e hamburger o gli affettati prima erano esseri viventi con zampe occhi, coda e tutto il resto, non sono nati così ma qualcuno li ha ridotti in forme irriconoscibili per cibarsene.

Per i sapori, la somiglianza ci può essere ma è molto più delicata e leggera, lo senti subito che stai mangiando qualcosa di adatto al consumo umano.

Una persona che segue uno stile di vita vegan, non tollera la contemplazione di creature condannate a nascere per morire e trasformarsi in carcasse o brandelli in un eterno loop.

CARNIVORI, ONNIVORI, ERBIVORI, FRUGIVORI… E ALLORA I CANINI?

Carnivori, onnivori, erbivori, frugivori…e allora perché abbiamo i canini? Tantissimi erbivori hanno i canini, anche mucche e cavalli, non c’entrano nulla con la carne!
Onnivori possono definirsi gli organismi naturalmente capaci di nutrirsi di fonti vegetali ed animali. Salvo non si parli di invertebrati, gli esseri umani non hanno le zanne lunghe e affilate degli onnivori e non sono certo in grado di mangiare quotidianamente altri animali senza prima trasformarli, cuocerli e condirli per renderli commestibili.

Se vi sono dubbi bisogna immaginare cosa significhi catturare un pollo o un coniglio vivo, torcergli il collo e poi provare ad aprirlo o peggio aprire un cadavere di animale già morto e gustarlo a morsi. Fine del dubbio, credo.

Tutti gli animali onnivori insegnano ai loro cuccioli onnivori a procacciarsi il cibo cacciando fin da piccoli, questo non sfiora la mente di nessun genitore responsabile. Tutti porterebbero i loro figli a raccogliere le mele ma a nessuno verrebbe in mente di portarli in un macello a vedere cosa succede. Se fosse tutto così naturale  perché tanto mistero e tanti racconti fantasiosi per convincere i bambini a nutrirsi di carne? Il termine giusto sarebbe ONNARIANO, ovvero qualcuno che sceglie di mangiare tutto, al netto delle trasformazioni necessarie a rendere commestibili alcuni alimenti.

I nostri canini non si sono “evoluti” e non sono mai stati delle zanne affilate! Nessuno ha mai trovato il teschio di un ominide dai denti a sciabola! Gli animali onnivori possono sopravvivere con una dieta basata esclusivamente su piante o esclusivamente su carne, Quasi tutti gli umani invece non sono in grado di sopravvivere mangiando esclusivamente carne, nemmeno quella contenente la maggior parte degli integratori. Questo perché siamo geneticamente frugivori come alcuni altri primati. Le uniche popolazioni che si sono adattate ad un consumo preponderante di carne, grasso ed altri derivati animali a causa del clima artico hanno una vita media di gran lunga inferiore rispetto alla media.

Il fatto che per lungo tempo abbiamo mangiato carne ha diminuito le dimensioni di una parte dell’intestino (Riduzione della lunghezza e della superficie dell’intestino: parziale adattamento alla carnivoria. Maclarnon et al. 1986), ma non ha scatenato un intero cambiamento anatomico.

Dovrebbe bastare pensare alla visione binoculare stereoscopica, al fatto che siamo bipedi, senza artigli, senza denti carnassiali, abbiamo la mandibola dislocata, non produciamo grandi quantità di pepsina, zero euricasi, abbiamo bisogno dei carboidrati per ottenere energia, la placenta è discoidale e sangue e urina non hanno il ph acido. Le adeguate fondamenta scientifiche a questo proposito ce le portano in tantissimi, da Darwin a Cuvier.

Purtroppo, la maggior parte degli esseri umani è ancora sottoposta ad un forte condizionamento parentale/culturale e non riesce a sopportare chi gli fa notare l’incoerenza e la disumanità del loro comportamento. Per maggiori informazioni leggi: Gli esseri umani non sono né carnivori, né onnivori

ALLORA PERCHÉ DIGERIAMO LA CARNE?

Il motivo per cui cui digeriamo la carne si chiama “Deviazione”, ed è avvenuta in molte specie animali nel corso dell’evoluzione. In fondo anche gli erbivori qualche decennio fa digerivano la farina di sangue… Poi si è diffusa la BSE.

Anche i volatili granivori riescono a digerire le proteine animali, col tempo potrebbero adattarsi perfettamente ad assumerle e digerirle quotidianamente. Ci mangeranno in testa e ci beccheranno gli occhi? Sir Alfred Hitchcock ne sarebbe ammirato.

La deviazione può diventare la norma. L’unica cosa certa a cui affidarsi è il fatto che le nostre strutture morfologiche e fisiologiche di base, non coincidono con quelle degli onnivori. Poi secondo le deviazioni, sopravvive chi si adatta meglio, tipo il panda che da carnivoro ora è quasi totalmente erbivoro.

L’evoluzione è molto più complessa di così, ma le strutture anatomiche, a parte qualche leggera modifica, rimangono tali.
Dire che gli esseri umani sono onnivori perché mangiano carne utilizzando espedienti quali la frollatura e la cottura è come dire che sono dei volatili perché volano sugli aeroplani. 

Non siamo onnivori, produciamo il 100% del colesterolo che ci serve, infatti il limite massimo tollerabile nella dieta è ZERO. 

PERCHÉ SEI VEGANO E NON VEGETARIANO? I VEGANI SONO ESTREMISTI. 

Tantissime volte ci si sente dire la fatidica frase: “I vegani sono estremisti.” Chi mira ad essere vegan per etica spesso passa un periodo di transizione in cui, iniziando ad eliminare gli alimenti animali per gradi, passa per il vegetarianismo.

Tuttavia, il vegetariano sa che questo non può bastare a fermare la spirale di crudeltà. Infatti, mangiare latticini e uova significa comunque sostenere gli allevamenti intensivi.

Non ha senso considerare sbagliata l’uccisione per la carne e giusta quella per il latte e le uova. Negli allevamenti per la produzione di latte e uova gli animali soffrono ancora di più che in quelli per la produzione di carne. E la loro fine sarà sempre la stessa: morire in un mattatoio.

Per alcuni versi è sicuramente più semplice essere vegetariani. Nei ristoranti tradizionali è più facile trovare menù adatti ai vegetariani, così come sui mezzi di trasporto nei quali servono pranzi e cene (aerei, navi, treni ecc…) o nelle mense scolastiche e lavorative. Nessun vegetariano tuttavia è mai stato sentito preoccuparsi al ristorante o in pizzeria sulla provenienza del caglio utilizzato per i formaggi inseriti per le pietanze a lui destinate. Per il caglio di tutti i formaggi più noti e saporiti vengono necessariamente uccisi un gran numero di cuccioli, ma di questo tutti sembrano ignari o resistono all’idea di sapere o informarsi.

Ma, se si è diventati vegetariani per non uccidere, si dovrebbe per lo stesso motivo diventare vegani. Il motivo è sempre lo stesso.

Diventare vegan vuol dire risvegliarsi da un incubo che ci ha voluto per secoli tutti condizionati: ciechi allo spargimento di sangue e sordi alle grida dei piccoli animali tolti alle madri. È forse estremo rispettare e difendere la vita di ogni essere vivente?

Un cambiamento profondo viene rifiutato a priori perché, se è vero che costa fatica ridisegnare i propri gusti e abitudini, è anche vero che è più comodo rimanere conforme a ciò che fa la maggioranza ed a uno status quo da réclame. I ragionamenti difficili da fare, sono quelli fatti per liberarsi da retaggi culturali che durano da secoli.

Occorre una buona dose di anticonformismo e ribellione, ci vogliono nobiltà d’animo, generosità, empatia e coraggio contro le avversità che si presentano in un mondo che fa la parte del peggior sordo che non vuol sentire.

Per diventare vegani occorre forza di volontà come per qualsiasi cambiamento, come per cambiare casa, mettersi a dieta, imparare a giocare a tennis o a suonare il pianoforte. Anche se diventare vegani è infinitamente più semplice delle cose che abbiamo menzionato.

La maggior parte della gente è ancorata al “non voler vedere né sentire”. E anche quando vedono è come se non avessero visto, lo rimuovono, lo rifiutano. Cancellano ciò che non è conforme al sistema in cui vivono e che gli garantisce delle certezze su cosa è da ritenere giusto e cosa è da condannare come sbagliato.

MANGIO LE UOVA DELLE GALLINE DI MIA ZIA. LEI LE TRATTA COME FIGLIE. COSA C’È DI SBAGLIATO NEL MANGIARLE?

Spesso si sente dire: Mangio le uova delle galline di mia zia. O di qualche altro parente o amico che le galline le tratta come figlie. La domanda ricorrente è: ”Cosa c’è di sbagliato nel mangiarle?” 

Se non si consumano ammuffiscono e vanno a male e questo viene visto come un peccato da chi lega ancora le sue abitudini ad un sostentamento ritenuto etico malgrado l’impiego di altre specie.

Le galline negli allevamenti domestici, come in quelli industriali, vengono considerate vecchie dopo 2/3 anni e quindi macellate.

Solo nel caso in cui si adottino delle galline salvate dagli allevamenti (situazione molto rara) si potrebbe dire che non ci sia nulla di male nel mangiarne le uova.

In realtà, anche in questo caso le si sta danneggiando, in quanto, se si lasciasse loro covare le uova (istinto naturale delle galline, anche quando le uova non sono state fecondate dal maschio), esse non produrrebbero altre uova. La continua produzione fa esaurire le loro riserve di calcio, esponendole a osteoporosi, fratture ossee e altri disturbi.

La realtà dei fatti è che una gallina non sfruttata per la produzione di uova potrebbe vivere più di 10 anni, ma a causa dell’uomo, questo non avviene.

Il superamento  di questa mentalità specista che vede l’uomo sfruttatore di tutto ciò che respira, renderà questo pianeta un mondo migliore, vedrà l’umanità più evoluta, la integrerà in un sistema che per ora sembra ancora utopico ma che sarebbe l’unico ad essere davvero armonico, protettivo e rispettoso della biodiversità.

POSSO CAPIRE IL PERCHÉ NON BISOGNEREBBE MANGIARE LA CARNE, MA IL LATTE E LE UOVA?

Una domanda frequente da assimilare alle precedenti è:
“Posso capire il perché non bisognerebbe mangiare la carne, ma il latte e le uova?”

Queste domande provengono spesso da vegetariani che pur facendo qualcosa di buono per loro salute, evitando carne e pesce, rimangono ancorati ad abitudini che continuano a favorire ed incrementare il mondo della zootecnia. Quest’ultimo prevede lo sfruttamento a morte delle specie in grado di produrre latte appetibile per fare formaggi e altri derivati. 

Le mucche non sono nate per produrre latte per l’uomo. Lo fanno perché le obbligano a farlo, vengono inseminate artificialmente con una pratica obbrobriosa sia per ottenere lo sperma dai maschi che per le femmine, addirittura il luogo dove si pratica l’inseminazione delle vacche prende il nome di ”rape rack”, letteralmente “cremagliera dello stupro”. È così che viene chiamata la struttura in ferro che blocca le mucche da latte nel momento in cui viene inserito del seme di toro allungando un braccio nel loro utero.

I vitelli poco dopo la nascita vengono messi in una carriola e portati in piccoli box dove a stento riescono a girarsi, quando sono cuccioli che, come ogni altro, vorrebbero esprimere la loro voglia di vivere, correre, saltare e soprattutto stare con la loro mamma!

I bovini, che in natura vivrebbero una vita di 20 anni circa, sono condannati a morte: i maschi destinati al macello per la carne dopo soli 18 mesi, i cuccioli maschi destinati all’estrazione del caglio vivranno da una a 24 settimane, le femmine vivranno invece intorno ai 4 anni durante i quali saranno continuamente ingravidate, private dei piccoli e attaccate alle macchine aspiratrici per la mungitura, fino a che non crolleranno esauste e verranno trasportate al macello.

Tutti voi sapete a cosa serve il caglio, ma sapete anche qual è la sua provenienza? Il caglio è un coagulante che serve per realizzare i formaggi. Esistono tre tipi di caglio: microbico, vegetale e animale, il più usato è quest’ultimo. Detto anche “presame”, viene ricavato dal IV stomaco o abomaso di alcuni piccoli appena nati. Avete capito bene, si tratta di animali lattanti ruminanti come il vitello, bufalino, agnello o capretto.

Si uccidono questi piccoli in gran numero e solo a immaginarlo il motivo è raccapricciante: perché nutrendosi solo di latte materno hanno una maggiore ricchezza enzimatica nei loro abomasi sia per composizione che per attività coagulante.

La coagulazione del latte indotta dal caglio è detta coagulazione presamica, per differenziarla da quella acida che, invece, avviene per aggiunta di fermenti lattici.

Il caglio animale viene utilizzato per produrre i formaggi a marchio DOP (come Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Pecorino Romano, Provolone, Taleggio Asiago e altri), ma anche per prodotti caseari come la Mozzarella artigianale o di bufala e il Gorgonzola.

Le pecore e capre vivrebbero circa 12 anni, invece gli agnelli maschi da carne vivranno al massimo 6-8 mesi quelli da caglio solo 22 giorni!! Gli allevatori distinguono “agnello pesante da latte” (peso vivo 12-20 kg); agnellone precoce o agnello bianco (peso vivo 25-35 kg); castrato (oltre gli 8 mesi d’età).

A 22 giorni molti agnelli e capretti vengono obbligatoriamente macellati per poter ricavare il caglio dal loro stomaco: superato questo periodo si dice che l’animale “spica”, o “è spicato” o “è passato”. Questo dipende dal fatto che l’agnello, dopo i 22 giorni di vita, incomincia a pelare o brucare l’erba, oltre a bere il latte della mamma. Secondo alcune teorie, l’agnello incomincia a pelare l’erba anche a 15/18 giorni, mentre il capretto inizia dopo 22 giorni circa.

Questo periodo di tempo è molto importante per l’allevatore, in quanto a 22 giorni vengono macellati sia gli agnelli che i capretti che non sono destinati alla riproduzione, ma anche quelli destinati al prelievo del caglio, perché a questi ultimi viene rimosso l’abomaso (l’ultima delle quattro cavità in cui si suddivide il loro stomaco), all’interno del quale si trova il latte che occorre alla produzione del caglio.

Per far sì che questi cuccioli non possano “pelare l’erba”, molti allevatori rinchiudono gli agnelli e i capretti dentro delle gabbie dopo le poppate mattutine e serali. Questo scongiura il fatto che nell’abomaso possano esserci pagliuzze che ne “contaminano” il contenuto.

I bovini in particolare sono animali sociali con un’intelligenza complessa, sono in grado di riconoscersi e soffrire, sia fisicamente sia psicologicamente. Nel libro Mama’s Last Hug, il primatologo olandese Frans de Waal, descrive il discusso campo delle emozioni animali, concludendo che, almeno mammiferi e uccelli, provano rabbia, piacere, paura. Ma anche empatia, alla base del concetto di moralità.

Le razze di mucche alle loro origini producevano in natura circa 4 litri di latte al giorno, oggi a causa di selezioni su selezioni sono arrivate a produrre dai 28 ai 60 litri al giorno, hanno mammelle sproporzionate ed enormi per essere adatte alle mungitrici, mangiano pastoni iperproteici, vengono stimolate con ossitocina, devono spesso integrare con calcio per evitare il collasso puerperale.

Non vi è più nulla di naturale, non vi sono gli spazi idonei a tenere un vitello con le madri, non vi è organizzazione stalla che lo permette. Queste “macchine da latte” non sono trattate come madri, non sono trattate come esseri viventi e soffrono di zoppie, mastiti, etc., legati alla proliferazione di batteri anaerobi che proliferano nelle stalle moderne.

Solo da alcuni anni anche in Italia iniziano ad esistere approcci ad una zootecnia che finge di garantire alle vacche una stabulazione libera con un’ampia zona di riposo “a lettiera permanente” tuttavia NON esiste un’etica dell’allevamento che rispetti appieno i fondamenti fisiologici dell’animale.

In alcuni allevamenti finto-magnanimi lasciano stare un poco i piccoli vicino alle madri con un anello antisucchio (nose ring) fatto di vari materiali, spesso provvisto di fastidiosi spuntoni che pungono le mammelle e lo fanno allontanare dalla stessa madre, per impedirgli ogni tentativo di suzione e, allo stesso tempo, perché la loro vicinanza stimoli la madre a produrre più latte.

Ogni animale erbivoro dovrebbe potersi nutrire di erba, possibilmente pascolata, l’animale dovrebbe poter scegliere cosa mangiare, non essere alimentato con i mangimi addizionati con farmaci e antibiotici. I rumini sono fatti per digerire erba, non altro; se non si rispetta la natura dell’animale, parlare di etica è pura e disonesta speculazione alle spalle di consumatori inconsapevoli. 

Anche per le uova la tendenza è quella di usare qualche spennellata di “green”, ma la verità è che la natura degli animali è stata totalmente manipolata per indurli a deporre quasi un uovo al giorno contro le venti o trenta all’anno. Leggendo le etichette vi accorgerete che quasi tutti i prodotti industriali o artigianali contengono latte o uova o entrambi questi che sono considerati “ingredienti” ma che sono il frutto dell’oppressione e di sofferenza indicibili di chi non può ribellarsi. 

Concludiamo con una importante testimonianza del professore universitario statunitense James E. McWilliams che scrive anche per The Texas Observer e History News Service e ha pubblicato numerosi editoriali sul cibo sul New York Times, sul Christian Science Monitor e su USA Today. Alcuni dei suoi articoli più popolari sostengono il veganismo.

“Sono diventato vegano il giorno in cui ho guardato un video di un vitellino che nasceva in un caseificio. Il vitellino è stato trascinato via dalla sua mamma subito dopo il parto, girava il capo all’indietro per trovare sua madre. La madre è esplosa in un impeto di rabbia quando l’allevatore ha sbattuto la porta davanti a lei e se ne andava con suo figlio. Sentii i suoi gemiti, fu il suono più triste che avessi mai sentito da un animale: sbatteva le zampe e scavava nel terreno, seppellendo poi il suo viso nella placenta ancora in terra nel fango.”

( James E. McWilliams )
PERCHÉ I VEGANI NON MANGIANO IL MIELE?

Dietro alla produzione del miele si nasconde una pratica non molto diversa da quella usata negli allevamenti intensivi. Le api hanno un sistema nervoso molto sviluppato e dunque provano dolore al pari degli altri animali.

Per questo riteniamo ingiusto consumare i prodotti dell’apicoltura: miele, pappa reale, propoli, cera, dato che questo implica sofferenza e spesso la morte di questi insetti.

Sebbene sembri una forma di allevamento più compatibile con lo stato naturale degli animali, anche il più attento degli apicoltori non potrà fare a meno di calpestare e uccidere un buon numero di api nel processo di verifica delle condizioni dell’alveare e di estrazione del miele.

A questo va aggiunto ciò che succede presso tutte le apiculture commerciali “intensive” dove il rispetto per questo animale non è contemplato e dove solo il profitto è alla base di ogni scelta aziendale. È importante che si conosca la realtà dei fatti.

Il miele prodotto dalle api è in parte usato come alimento, quindi prodotto a scopo di nutrimento dalle stesse api, ed in parte trasformato in cera d’api per costruire le celle esagonali. Ogni apicoltore, quindi, ruba senza sforzo sostanze preziose per le api e le sostituisce con surrogati.

Per evitare poi che la colonia consumi il miele immagazzinato prima dell’inverno, gli apicoltori distruggono gli alveari con metodi crudeli: scuotimento, getti d’aria, infumicazione, surriscaldamento, e acquistano una nuova colonia a fine inverno, mentre le regine, spesso inseminate artificialmente, con conseguente morte del maschio, vengono soppresse ogni due anni, mentre in natura vivrebbero fino a cinque anni, quando la loro capacità di deporre uova declina. 

Il miele è il rigurgito delle api. Il miele è delle api e per le api, non per noi, inoltre non contiene sostanze nutritive rilevanti per l’alimentazione umana.

È possibile farsi un’idea venendo a conoscenza di rivelazioni di apicoltori come la seguente:

“Come vi ho annunciato l’anno scorso, io continuo con la tecnica del taglio dell’ala alla regina (in questo periodo approfitto per tagliare le ali a quelle regine che non si sono mostrate docili l’anno precedente). A chi mostra qualche critica, ricordo che l’ala deve essere tagliata longitudinalmente, non va mozzata, anche se alle volte preso dall’emozione e dalla fretta eseguo la seconda operazione.
La composizione di ogni singola ala è formata da due ali distinte, tenute unite tra di loro da degli uncini quando le api volano, mentre vengono sdoppiate e usate come rallentatori, quando devono fermarsi o cambiare direzione, come si usano i flap nelle ali degli aeroplani.
Se noi tagliamo questi uncini che uniscono le ali, quando la regina si presenterà nel pedalino per sciamare non riuscirà a volare e cercando di spiccare il volo cadrà appena sotto di questo, se il terreno sarà tenuto pulito dall’erba e da altri arbusti, solo un centinaio di api andranno a coprire la regina.
Le altre api che usciranno, per seguirla, non trovandola in volo la cercheranno facendo dei grandi giri per tornare poi all’interno dello stesso alveare, riponendo il miele dove lo avevano prelevato.
La produzione per il momento è salva, dobbiamo ricordare che all’interno dell’alveare stanno per nascere delle regine (se non sono già nate); necessita una vista urgente e delle decisioni ponderate sul mantenimento della famiglia o sulla possibilità di fare dei nuclei. La regina che si trova nel terreno, coperta da un pugno d’api, normalmente la copro con un vaso da fiori, quelli di terracotta. Le api accudiranno la regina, entrando e uscendo dal buco del vaso, avrò così una regina a disposizione per circa una settimana per decidere il suo riutilizzo.”

È così difficile spostare l’attenzione dalle altre specie presenti su questo pianeta e pensare semplicemente a proteggerle e aiutarle smettendo di farne reddito? 

Ci sono prove crescenti che suggeriscono che le api mellifere, a causa della loro innaturale alta densità in molte parti del mondo associata all’attività di apicoltura, possono esacerbare il declino degli impollinatori selvatici. (La conservazione delle api mellifere non aiuta la fauna selvatica)

Questo è ovviamente un problema quando vengono introdotte, ma anche all’interno del loro areale nativo in Europa, è stato dimostrato che le api mellifere deprimono la densità degli impollinatori selvatici sia nel paesaggio agricolo che negli habitat naturali circostanti. Ciò può potenzialmente portare le api mellifere a competere con gli impollinatori selvatici in periodi in cui i raccolti a fioritura di massa non sono in fiore e in paesaggi naturali in cui le risorse floreali sono scarse.

Ma è improbabile che le strategie di conservazione ottimizzate per l’impollinazione delle colture siano le migliori per proteggere gli impollinatori selvatici.

Le api mellifere gestite dovrebbero essere un mezzo e non un fine e il mantenimento delle api mellifere non dovrebbe esercitare un’ulteriore pressione sugli impollinatori selvatici. Pertanto, le strategie per garantire una sufficiente impollinazione delle colture devono incorporare la potenziale concorrenza con gli impollinatori selvatici nativi.

E mentre le api da miele contribuiscono a far luce sulla difficile situazione degli impollinatori, tutti i naturalisti dovrebbero insistere sul fatto che sono gli impollinatori selvatici e non l’ape mellifera gestita che ha urgente bisogno di attenzione per la conservazione.

Questo enorme problema riguarda tutti e fare finta di nulla non risolverà le cose. Ogni uomo o donna di questo Pianeta ha il dovere e la responsabilità di preservare la vita delle api, così come quella degli altri animali, che dovrebbero essere considerati i nostri compagni, non “cose” da sfruttare.

SI DIVENTA VEGAN, MA IL RESTO DELLA FAMIGLIA NO. COME COMPORTARSI CON LORO?

Come comportarsi con i propri familiari onnivori quando si diventa vegan, ma il resto della famiglia no? Come comportarsi con loro varia da persona a persona e i buoni rapporti che si possono o non si possono instaurare dipendono dai vari caratteri individuali e dalla reciprocità del rispetto tra parenti. 

Se hai fatto una scelta legata ad una motivazione etica, certe “provocazioni” puoi imparare a gestirle. Ma alla fine diventa una questione di compromesso: quanto vale la pena rovinarsi una serata, una cena, un pranzo, una festa a sentire le solite scuse, le solite domande, le solite battute superficiali e a farsi andare di traverso un boccone dopo l’altro?

Molti vegan, dopo un primo periodo di adattamento, vedono con difficoltà l’accettazione di compromessi perché non riescono più a sopportare la vista né l’odore di animali macellati e cucinati.

Sono tante le giustificazioni che emergono anche se non richieste, credenze per lo più legate a retaggi socio-culturali che da sempre tentano di innescare auto-convincimenti nelle persone. Ciò che è certo è che sarebbe preferibile evitare discussioni relative alla sofferenza animale durante i pasti, ma rimandarle eventualmente al dopo pasto.

Considerando che con la famiglia si cerca sempre di mediare e di raggiungere dei compromessi per quanto riguarda molti argomenti, anche in questo caso bisogna saper esprimere le proprie convinzioni con  correttezza, evitando di innescare polemiche che non aiuterebbero nessuno, in particolare gli animali.

Non bisogna mai dimenticare che la maggior parte dei vegani non è nato tale e dovremmo tornare col pensiero a quando eravamo onnivori e al modo in cui avremmo voluto essere trattati da un vegano che avesse risposto alle nostre domande.

Si consiglia di mostrare ai familiari dei video come Cowspiracy, Dominion e Seaspiracy per incoraggiare in loro la consapevolezza in modo che non pongano sempre le solite domande, che a lungo andare logorerebbero i rapporti.

Inoltre, consigliamo la lettura del libro di Melanie Joy: “Perché amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche”. L’autrice analizza le motivazioni psicologiche e culturali di questa “dittatura della consuetudine” e della sua pervasività; di come, attraverso la rimozione, la negazione e l’occultamento dell’eccidio di miliardi di animali, il sistema in cui siamo immersi mantiene obnubilate le coscienze, fino a persuaderci che mangiare carne più volte al giorno sia naturale, normale e quindi necessario. Siamo sicuri che la lettura di questo libro potrà aiutare i vegani nella relazione con amici o familiari onnivori.

Per quanto riguarda i familiari stretti (mariti/mogli/figli/genitori), sta a noi decidere se accettare o meno di vedere qualcuno che mangia animali alla nostra stessa tavola e si potrebbe trovare il modo di accordarsi a riguardo. Magari, si potrebbe far loro comprendere che gli animali sono tutti uguali e che voi avete difficoltà a vedere che qualcuno li mangia, allo stesso modo in cui loro non vorrebbero vedere qualcuno che mangia un cane o un gatto.

 È VERO CHE I VEGANI HANNO CARENZE DI B12? 

La vitamina B12 NON è prodotta né dalle piante, né dagli animali. La vitamina B12, in natura, è prodotta esclusivamente da microorganismi (batteri, funghi, alghe). Gli animali che si nutrono di piante, come tutti gli erbivori, i primati, gli elefanti, e molte altre specie, la incamerano nutrendosi di vegetali e acqua contaminati da questi microorganismi (che si trovano nel terreno, parzialmente ingerito assieme alle piante, o nell’acqua).

Se un animale erbivoro, frugivoro o granivoro, non vive in natura, e gli viene dato cibo “pulito”, cioè non contaminato dai batteri, questo animale sviluppa una carenza di B12, e gli deve essere fornita questa vitamina come integratore. Questi animali sono quelli prigionieri negli zoo, e tutti quelli prigionieri negli allevamenti.

Consigliamo la visione dei video del Dottor Michael Greger.

Il Dottor Michael Greger è un grande sostenitore della dieta vegana e divulgatore scientifico, è giusto sottolineare che una corretta informazione e delle fonti affidabili sono imprescindibili oltre che per la credibilità, per una buona salute.

Anche gli onnivori spesso devono integrarla perché agli animali di allevamento pure viene somministrata e non è detto che sia sufficiente perché questi ultimi non hanno più un’alimentazione naturale. Le condizioni di allevamento sono oggi così innaturali per questi animali che è la norma somministrare integratori di B12.

Conclusione: 

è molto importante fare chiarezza: la B12 presente nei cibi animali deriva oggi essenzialmente da integratori somministrati agli animali. Ma anche se la vitamina B12 presente nei cibi animali derivasse esclusivamente dai batteri, sarebbe forse più naturale aggiungere un “passaggio”? Cioè ricavare la vitamina B12 da un animale che a sua volta l’ha ricavata dai batteri (o peggio dal mangime)? È più naturale assumere un nutriente trasformato dall’animale o uno non trasformato?

Paradossalmente, per chi sostiene che l’integrazione di B12 non sarebbe naturale, è più naturale per noi assumere la B12 dai batteri che la producono invece che dai cibi animali.

Vasti scaffali dedicano spazio in ogni supermarket ad integratori di ogni tipo e non sono certo i vegani a sostenere quel mercato. Inoltre l’integrazione di vitamina B12 è spesso consigliata anche a soggetti onnivori per diverse ragioni.

Nel 2014 in Italia sono state vendute circa 147 milioni di confezioni di integratori (secondo i dati pubblicati dalla Ims Health), con un fatturato di quasi 2,2 miliardi di euro. Alcuni sostengono che la dieta onnivora sia la più salutare e che possa assolutamente scongiurare il rischio di carenze alimentari, quindi, 147 milioni di confezioni di integratori sono tutte destinate ai vegani?

Quando qualcuno asserisce che i vegani soffrono di carenze alimentari, bisognerebbe ricordargli che chi alimenta il mercato degli integratori non sono i vegani, ma bensì i non-vegani.

In conclusione, i vegani prendono compresse di vitamina B12 prodotta industrialmente, mentre gli onnivori prendono la B12 prodotta industrialmente e “confezionata” all’interno degli animali di cui si nutrono.

L’innaturalità non sta nell’assumere un integratore, ma nel tipo di cibo che mangiamo e ovviamente in tutti i restanti aspetti della nostra vita, che naturale proprio non è. Siccome non è ipotizzabile tornare a nutrirci di radici e bacche o comunque di cibo pieno di batteri, l’integratore (quando serve) è la soluzione più ragionevole.

Bibliografia FAQ “È vero che i vegani hanno carenze di B12?:
http://www.innvista.com/health/microbes/bacteria/foodprod.htm
http://health.howstuffworks.com/vitamin-b1.htm
http://www.vegetarian.org.uk/factsheets/b12factsheet.html
http://www.vitaminb12production.ch/
http://www.zimoferment.com/italiano/prodotti/suini.html
http://www.regione.piemonte.it/sanita/sanpub/vigilanza/dwd/pubblicazioni/bse/cap5.pdf
http://www.kollant.it/sitoitaliano/ricerca.asp?cat=7&pagina=1
https://www.agireora.org/info/news_dett.php?id=190
https://veganfacts.info/2018/09/23/una-dieta-senza-prodotti-animali-puo-essere-sana/
https://www.agireora.org/vegan/la-b12-serve-agli-onnivori-3077.html
https://www.greenme.it/mangiare/vegetariano-a-vegano/cereali-fermentati-b12/
https://www.scienzavegetariana.it/nutrizione/rassegna_b12.html
https://www.biolineintegratori.com/assunzione-vitamina-b12/
https://www.ilgiornaledelcibo.it/produzione-soia-intervista-liberti/

Attenzione!

Le informazioni fornite riguardo l’integrazione della B12, sono di natura generale e a scopo puramente divulgativo, e non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico abilitato (cioè un laureato in medicina abilitato alla professione) o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (nutrizionisti, biologi).

LO SAI CHE ANCHE LE VERDURE SOFFRONO?

Spesso questa domanda viene posta in maniera provocatoria e noi vogliamo rispondere in maniera corretta.

I vegetali non hanno un sistema nervoso e non provano sentimenti. Essi rispondono semplicemente agli stimoli esterni.

Coltivare della verdura non può essere nemmeno lontanamente paragonabile ad allevare degli animali che provano dolore e paura. L’allevamento, l’allontanamento dai propri simili e la conseguente macellazione creano in questi esseri gravi conseguenze fisiche ed emotive.

Nei negozi troviamo la verdura e la carne esposti alla stessa maniera, ma ciò che sta dietro è ben diverso: nel primo caso, non c’è stata alcuna violenza, nel secondo, l’orrore è indescrivibile.

Inoltre, gli animali si nutrono di molti più vegetali rispetto a quelli usati per l’alimentazione umana e quindi, se fosse vero che le piante soffrono, per poterci nutrire di animali faremmo soffrire due specie e non solo una: non sarebbe meglio evitarlo?

Chi ci pone il problema se sia vero che le piante soffrono, come detto prima, lo fa in maniera provocatoria, in quanto non è interessato alla sofferenza degli animali di cui si ciba e di conseguenza non è nemmeno lontanamente interessato a quella delle piante.

Le piante non corrono, non gridano, non si nascondono e non cercano la mamma.

Altro aspetto rilevante è il fatto che i vegani mangiano soprattutto frutta e ortaggi, che rappresentano quella parte di pianta che si è evoluta appunto per essere raccolta, allo scopo di diffondere i semi. Non a caso tali vegetali si caratterizzano per colori e gusti forti e per noi umani molto attrattivi. Differentemente dalla carne che, necessita di essere lavorata per rallentare la decomposizione.

“La consapevolezza di una pianta non implica che questa possa soffrire. Una pianta che vede, sente e prova sensazioni non patisce più dolore di un computer con un disco rigido difettoso. Infatti il dolore e la sofferenza, come la felicità, sono definizioni soggettive e fuori luogo nel descrivere le piante. Le piante sanno quando manca loro l’acqua in un periodo di siccità. Ma le piante non soffrono.” 

(Daniel Chamovitz, biologo che dirige il Manna Center for Plant Biosciences all’Università di Tel Aviv, autore di importanti scoperte nell’ambito della biologia delle piante.)

Se si volessero ‘salvare’ le piante, sicuramente i prodotti di origine animale sarebbero il primo alimento da eliminare. Per un motivo molto semplice, come dice Stefano Mancuso in un’intervista: “per un chilo di carne ci vogliono 1600 chili di piante. Eticamente è sempre meglio mangiare le piante.”

Se vuoi saperne di più leggi: Anche i vegetali soffrono

LA VITA È COSÌ: MUCCHE, MAIALI, GALLINE, AGNELLI ECC… NASCONO PER ESSERE MANGIATI DALL’UOMO

“Spesso le persone sostengono che gli umani hanno sempre mangiato animali, come se questo giustificasse la continuazione della pratica. Secondo questa logica, non dovremmo neppure impedire l’omicidio, perché anch’esso è sempre stato praticato dall’inizio dei tempi.”

(Isaac Bashevis Singer – premio Nobel per la letteratura nel 1978)

La quasi totalità degli “animali da reddito” non nasce naturalmente, ma tramite l’inseminazione artificiale. Essi nascono perché è l’uomo che li fa nascere, altrimenti in natura non esisterebbe questa quantità di animali.

Quando si sente l’affermazione: “La vita è così: mucche, maiali, galline, agnelli, ecc…nascono per essere mangiati dall’uomo, come da altri predatori” si dovrebbe ricordare che, se qualcosa si è sempre fatta, non vuol dire che sia giusta.

Esiste un elenco infinito di errori, nefandezze e miserie imputabili all’umanità dall’inizio dei tempi (guerre, persecuzioni, schiavitù, pene capitali, per menzionarne qualcuna). Tuttavia, la semplice constatazione di una pratica non ne sancisce automaticamente una sua legittimità morale.

Nessun animale predatore, neanche il più temibile, mette in atto ai danni di altre specie uno sterminio programmatico al pari di quello architettato dall’uomo, completo di: detenzione, ingravidamento forzato, allontanamento tra madri e piccoli, torture spacciate per cure necessarie, come la decornazione, il debeccaggio, la castrazione, il taglio della coda, spesso senza anestetici, i lunghi trasporti via terra e mare e il dover sperimentare il mattatoio da cuccioli. 

Di solito la predazione avviene per necessità da parte di organismi obbligati dalla natura a nutrirsi di carne, il nostro non lo è, anzi per noi è un alimento deleterio e cancerogeno. Inoltre in natura una preda ha sempre una possibilità di sfuggire alla predazione. 

L’uomo da sempre commette le peggiori azioni: ruba, inganna, violenta le donne, pratica violenza sui deboli e perfino sui bambini, intraprende guerre sanguinarie, perseguita e uccide i suoi simili. In alcuni paesi tuttora le persone vengono schiavizzate, i bambini vengono costretti a prostituirsi, le donne vengono lapidate, le bambine vengono mutilate, costrette a sposarsi con uomini, gli omosessuali vengono impiccati. Tutto questo perché “si è sempre fatto così”.

Stando a certi ragionamenti significa che dobbiamo continuare così, oppure si applica solamente agli animali perché agli onnivori torna utile per giustificare un assurdo stile di vita?

Gli animali destinati al consumo umano, sono esseri viventi che hanno subito una breve ignobile vita di privazioni, torture e sofferenze orribili, anche i polli, i vitelli, i coniglietti… tutti! Tutti regolarmente tentano fino all’ultimo di sottrarsi ad un destino orribile, tentano di fuggire, di nascondersi, e gridano dal terrore.

Quando si ha la fortuna di non essere vittima della violenza, diventa molto facile razionalizzare e giustificare la crudeltà, l’ingiustizia, la disuguaglianza, lo schiavismo e anche l’assassinio. In questo caso quello verso gli animali.

Essere vegan è facile per chi pensa alle vittime, è difficile per chi pensa a se stesso. 

ANCHE IL LEONE MANGIA LA GAZZELLA QUESTA È LA CATENA ALIMENTARE.

Gli animali carnivori non possono scegliere, sono obbligati dalla loro fisiologia a catturare le prede di cui si cibano, e queste ultime hanno sempre una via di fuga e la possibilità di nascondersi, di fuggire, di salvarsi.

Nessuna specie mette in atto uno sterminio di altre specie, obbligandole addirittura a nascere per morire. Creature rinchiuse a migliaia al solo scopo di essere ammazzate: nessuno mostra la fredda mancanza di pietà al pari degli esseri umani. Se qualcuno lo facesse nei confronti di animali diversi da quelli rinchiusi a scopo alimentare, verrebbe condannato da tutti, perché ciò verrebbe considerato orribile quanto iniquo, come in effetti è. 

Ad esempio, nel venire a conoscenza che in Islanda fanno stragi di delfini, che in Giappone fanno stragi di balene, che in Cina fanno stragi di cani e gatti, per celebrare alcuni festival della carne, in molti inorridiscono, in quel caso dove finisce la scusa della “catena alimentare”? Solo le stragi di tonno, di sardine, di tacchini, di polli, di agnelli, di conigli, di maiali, di pulcini e di vitelli sono consentite e benedette dal cielo?

Risponderei con una domanda: “Perché lei sarebbe un leone? Si sente forse un leone? Come un leone sarebbe in grado di catturare una preda e consumarla a crudo dilaniandola con i soli mezzi di cui la natura l’ha dotata?”

Noi, a differenza del leone, abbiamo la possibilità di scegliere cosa mangiare.

HAI PRESENTE COME SONO GRANDI E GONFIE LE MAMMELLE DELLE MUCCHE ? SE NON LE MUNGI LE FAI STAR MALE! 

Facciamo un passo indietro e diciamo che chi fa queste affermazioni semplicemente non sa che da 4 litri al giorno, che la mucca produceva naturalmente per nutrire il suo vitellino, ora ne produce da 28 a 60 litri al giorno. Ovvio che stiano male!

Va premesso che le vacche da latte sono diverse da quelle da carne. Esse sono state selezionate negli anni allo scopo di produrre moltissimo latte (più di quello che in natura produrrebbero) e per questo hanno delle mammelle abnormi, ma sono destinate comunque a morire in modo orribile per finire in scatolette, ripieni misti e altre preparazioni di seconda scelta.

Dopo una breve vita di circa 4 anni, dopo la terza lattazione, questo animale, mite e molto amorevole e socievole, crolla a terra stremato, quando in natura potrebbe vivere anche più di 20 anni.

Si contano circa 250 milioni di vacche da latte sul pianeta, 36 milioni delle quali in Europa e circa 2 milioni in Italia, coloro che promuovono negli spot garanzie sul loro benessere mentono in nome del profitto. 

La maggior parte degli allevamenti delle mucche da latte è a carattere intensivo e a pascolo zero. Gli animali sono costretti a vivere prigionieri in capannoni al coperto, in spazi angusti. Questi luoghi sono spesso sporchissimi di urina e feci che vengono accumulate sui pavimenti e che esalano grandi quantità di ammoniaca. Questo causa alle mucche infiammazioni e problemi respiratori. Conducono una vita orribile, ben diversa rispetto alle loro naturali necessità. 

Questi animali, trasformati in macchine da latte, trascorrono tutta la loro breve vita, intrisa di sfruttamento e sofferenza, al chiuso, senza mai calpestare un filo d’erba e facendo una sola cosa: produrre latte.

La mucca soffre perché le viene portato via il cucciolo appena nato, al quale viene impedito di succhiare il latte della mamma. La sua sofferenza non dipende dal fatto che non viene munta, ma dalla tragedia che è il vivere in un allevamento.

Pensiamoci un po’: è naturale mungere un qualsiasi mammifero che ha appena partorito? Si mungono i cani? Si mungono le tigri? Perché dovrebbe essere naturale, normale, per una mucca?

Le mucche e i loro piccoli (come tutti gli animali) hanno semplicemente un bisogno assoluto che noi umani smettiamo di farli nascere forzatamente, di far loro vivere una vita indegna, allo scopo di macellarli per la nostra alimentazione.

SAREBBE IMPOSSIBILE DIVENTARE TUTTI VEGANI: NON CI SAREBBERO ABBASTANZA VEGETALI PER SFAMARE TUTTI

Non sarebbe affatto impossibile diventare tutti vegani, e non è vero che non ci sarebbero abbastanza vegetali per sfamare tutti, anzi è esattamente il contrario. 

Questa affermazione è la prova che gli onnivori non solo non si rendono conto di ciò che soffrono gli animali “da reddito”, ma non sanno nemmeno che, a causa del loro stile alimentare, sottraggono risorse indispensabili, soprattutto nei paesi poveri, dove adulti e bambini soffrono e muoiono per la mancanza di cibo.

Quanto terreno serve per l’autonomia alimentare annuale di una persona? Secondo gli ultimi calcoli questi sono i risultati: 4750² per una dieta onnivora, 5170 m² per quella onnivora senza pesce, 4680 m² per la dieta vegetariana e 1820 m² per una dieta vegana.

Come è evidente la dieta vegana è di gran lunga la più sostenibile utilizzando poco più di un terzo del terreno necessario per l’autonomia alimentare in una dieta onnivora. Questo si spiega facilmente se si considera che carne, uova, latte e latticini, considerando gli stili di vita alimentari attuali degli italiani, impattano complessivamente per il 63,8% del terreno necessario all’autosufficienza alimentare (rispettivamente 39,4% latte e latticini, 20% carne, 4,4% uova).

Molto interessante è vedere la piccolissima differenza che c’è tra l’uso di suolo della dieta onnivora e quella vegetariana. Ciò è dovuto al fatto che, come abbiamo appena visto, la produzione di latte e latticini, presenti anche nella dieta vegetariana, ha un impatto molto grande in termini di utilizzo di suolo.

Oltre a ciò va considerato il fatto che, per compensare la riduzione delle proteine provenienti dalla carne, nella dieta vegetariana vengono aumentati i consumi di latticini. Infine, come è risaputo, per produrre latte va prodotta necessariamente anche carne che in una dieta onnivora viene consumata ottimizzando perciò l’impatto dell’allevamento in termini di uso di suolo.

Un altro dato molto interessante emerso dal lavoro dei ricercatori è che l’autonomia alimentare, prendendo in considerazione una dieta onnivora, riduce l’impronta ecologica alimentare solo dell’8% rispetto alla media mondiale e del 47% rispetto a quella di un italiano medio. Tutto questo senza considerare la diminuzione degli impatti derivanti dall’utilizzo di un’agricoltura biologica e dalla riduzione dei trasporti delle derrate alimentari connessa alla rilocalizzazione delle produzioni. Tali risultati sono dovuti prevalentemente alla riduzione degli sprechi alimentari connessi con questa modalità di produzione e trasformazione.

Invece, se tutti seguissero dieta 100% vegetale e se rilocalizzassimo le produzioni agricole, la riduzione dell’impronta ecologica alimentare sarebbe di circa il 65% in più rispetto a quella mondiale attuale.

SE SEI COSÌ ATTENTO A SALVAGUARDARE L’AMBIENTE, PERCHÉ USI L’AUTO E IL CELLULARE 

Come è ben noto, i telefoni cellulari e le auto, soprattutto se parliamo di ibrido ed elettrico, sono fonte di sfruttamento di risorse materiali ed umane sottopagate in Paesi in via di sviluppo, molto spesso sono causa di lavoro minorile e inquinamento sia per quanto riguarda l’estrazione delle materie prime che per quanto riguarda lo smaltimento di rifiuti “speciali” ultra tossici.

Innanzitutto mettiamo a fuoco una cosa molto importante: essere vegani antispecisti, per motivi etici, non vuol dire essere santi, guru, vivere su Marte, cavalieri senza macchia, eremiti, asceti, salutisti o angeli scesi dal cielo. 

Diciamo che “salvaguardare l’ambiente” è piuttosto una conseguenza del proprio stile di vita basato sull’etica della reciprocità estesa a tutto il mondo, anche a quello animale.
Sicuramente chi segue uno stile di vita vegan è molto più sensibile ai problemi tra gli esseri umani, più attento alle ingiustizie verso tutti, umani e animali, e pertanto meno impattante sull’ambiente rispetto a quello di chi non vede e non sente ma regolarmente parla a sproposito. 

La prima cosa che c’è da dire è che chi fa questa acuta osservazione non è sicuramente un eremita e usa ampiamente auto e cellulare, esattamente come chi è vegan ma in più sottrae risorse ambientali, avallando la distruzione degli habitat di animali selvatici, sottraendo risorse alimentari ai Paesi più poveri e causando l’innalzamento del riscaldamento globale su tutto il pianeta!

Convertendo il regime alimentare, lo spazio che verrebbe liberato potrebbe essere dedicato a ecosistemi che assorbono la CO₂.  Con le piante si arriverebbe all’eliminazione di una cifra che può andare da 332 fino a 547 gigatonnellate di CO₂, ovvero equivalente  9-16 anni di emissioni fossili. In questo modo avremmo il 66% delle probabilità di limitare l’innalzamento della temperatura a oltre 1,5 gradi. (Leggi il rapporto)

Secondo i risultati di un altro studio pubblicato su Plos Climate: eliminare gli allevamenti e ripristinare la vegetazione spontanea abbatterebbe del 68% le emissioni di gas serra.

Nel loro studio, sottoposto a revisione dei pari, Eisen e Brown si sono serviti di un semplice modello climatico per misurare l’impatto combinato dell’eliminazione totale delle emissioni di gas serra dovute agli allevamenti e del ripristino della vegetazione nativa sul 30% della superficie terrestre attualmente utilizzata per ospitare e nutrire gli animali d’allevamento.

Stando ai loro calcoli, le due azioni avrebbero come conseguenza un calo nelle emissioni di metano e di ossidi di azoto e la conversione di 800 miliardi di tonnellate di anidride carbonica da parte di foreste, prati e biomassa del suolo, il che sarebbe equivalente, dal punto di vista dell’effetto serra, a una riduzione globale di emissioni di anidride carbonica del 68%. 

Per non parlare del problema etico e del fatto che forse proprio grazie ad un cellulare si è raggiunta una maggiore consapevolezza sull’inferno in Terra che circa otto miliardi di esseri umani riservano agli animali cosiddetti “da reddito”.

“La civiltà di un popolo si misura dal modo in cui tratta gli animali”

(M. Gandhi)
IL PESCE LO MANGI?

Il pesce è un animale come gli altri e come dice questa citazione:

“Non esistono animali superiori e inferiori, così come non esistono razze umane superiori e inferiori, ma esistono esseri viventi dotati di peculiarità uniche e come tali rispettabili e inviolabili. Il problema non è: “possono ragionare?” né: “possono parlare?”, ma: “possono soffrire?””.

(Jeremy Bentham)

Quindi quando arriva la domanda: “Il pesce lo mangi?” La risposta è: ”No, nessun pesce, né tantomeno crostacei, cefalopodi e molluschi!”

Il fatto che i pesci vivano in un altro elemento, che non ci somiglino e che non emettano versi, non autorizza gli esseri umani ad inveire su queste creature straziando le loro vite come se fossero fatte di nulla.

Di loro si parla in termini di peso, “tonnellate di pescato” e non si pensa al loro dolore come se non fossero minimamente in grado di provarne. (leggi: Pesca e urla silenziose di esseri senzienti)

Anche agli occhi di chi pure dichiara di amare il mare, i fiumi e i laghi, i loro abitanti naturali: i pesci, sanguinano e si dibattono per la loro vita. 

Secondo chi li mangia non sono degni di nulla, nessun rispetto per la loro esistenza distante dalla nostra… nessuna attenzione per la loro agonia assurda!

Bisognerebbe iniziare a riflettere su quelle vite negate, invece di immaginarle nel prossimo piatto e verrebbe naturale voler smettere di contribuire alla condanna di soffocare nel dolore. 

Tutti gli animali di qualsiasi specie dovrebbero essere risparmiati da una morte atroce. Tanta sofferenza non giustifica il più piacevole dei pasti. Si possono mangiare tantissime cose ugualmente gustose e vivere in salute senza uccidere nessun animale. 

SE NON SI MANGIASSERO ANIMALI QUESTI CRESCEREBBERO A DISMISURA 

Se non si mangiassero animali, questi non crescerebbero a dismisura per il semplice motivo che è impossibile immaginare che ciò avvenga simultaneamente da un momento all’altro, da un mese all’altro e neanche da un anno all’altro.

Quando finalmente si arriverà ad un abbandono delle pratiche di allevamento per motivi ambientali, etici e salutistici, ciò avverrà in modo graduale, smettendo di inseminare forzatamente gli animali e facendone diminuire il numero. 

Il numero elevato di animali è causato soltanto dal fatto che, per garantire una produzione elevata di carne e latticini, essi vengono forzati a riprodursi continuamente in maniera artificiale (la fecondazione avviene in maniera forzata). In natura sarebbe ben diverso.

Gli allevamenti intensivi sono nati nella seconda metà del 1900: prima di allora non esisteva la quantità odierna di polli, mucche, maiali e pecore.

LO SAI CHE SE NON SI ALLEVASSERO GLI ANIMALI, QUESTI SI ESTINGUEREBBERO?

Possiamo dire che sono proprio gli allevamenti intensivi a causare l’estinzione delle specie selvatiche. Sul nostro Pianeta, al giorno d’oggi, esistono molti più animali d’allevamento che animali selvatici.

Sono animali che non esisterebbero in natura, perché sono frutto di una selezione che fa sì che essi crescano molto in pochissimo tempo, per produrre più carne possibile. Sono animali che spesso fanno fatica a camminare e a vivere normalmente, quando vengono liberati dagli allevamenti, proprio perché il loro fisico non è creato per vivere, ma per morire.

Se si smettesse di allevarli, il numero di questi animali diminuirebbe e a mano a mano si tornerebbe alla normalità.

Le mucche, i polli, i maiali degli allevamenti scomparirebbero e resterebbero i loro corrispettivi selvatici, ovviamente in misura estremamente minore.

Se si estinguessero delle razze esasperate, volute e create dall’uomo attraverso incroci, non credo sarebbe un dispiacere per nessuno, tantomeno per gli animali, forzati a vivere in una forma che causa loro solo problemi di salute e gravi sofferenze.

Parliamo, ad esempio, dei polli Broiler a rapido accrescimento – veri e propri ibridi commerciali che rappresentano la gran parte di quelli allevati nel mondo, creature geneticamente condannate a una breve esistenza piena di sofferenza, a prescindere dalle condizioni di vita a cui sono sottoposte; oppure dei bovini Belgian blue, dalla crescita muscolare di dimensioni spropositate: per questi animali ricorrere al cesareo è quasi una necessità ed è causa di sofferenza fetale e possibili complicanze per la partoriente.

Ci sono poi le vacche Frisone, ognuna delle quali produce fino a 60 litri di latte al giorno (da 4 che erano previsti in natura), oppure i maiali Large White , che negli anni hanno subito moltissima selezione genetica e possono raggiungere un peso di 300-350 Kg: questa è una razza caratterizzata da un’elevata prolificità, infatti possono nascere anche 10-11 suinetti per parto, e già a 6 mesi di vita superano i 100 Kg per via del loro accrescimento molto sviluppato (0,5-0,8 Kg al giorno).

Sarebbe proprio meglio se certi animali terminassero il calvario a cui gli esseri disumani li hanno obbligati. 

CI SONO PROBLEMI MOLTO PIÙ GRANDI E VOI VI PREOCCUPATE DEGLI ANIMALI?

Questa è un’accusa che sottintende che non bisognerebbe preoccuparsi di alcuna causa, perché qualsiasi causa potrebbe essere inferiore a un’altra.

Coloro i quali ci accusano di occuparci di cause “futili”, occupandoci degli animali, ci elencano spesso problemi gravissimi, come la fame nel mondo, le guerre, le malattie…

Spesso, però, chi ci muove queste accuse non è impegnato in alcuna causa volta a risolvere i problemi del mondo, né “futile”, né tantomeno più importante. Ciò dimostra che chi rivolge tali accuse tenta di arrampicarsi sugli specchi.

Chi muove questo tipo di accusa non realizza quanto sia grave la situazione degli animali negli allevamenti: miliardi di esseri senzienti vengono maltrattati e uccisi per soddisfare il gusto e le tradizioni umane.

Questo è un vero massacro perpetrato in tutto il mondo. Il numero di vittime animali non è nemmeno lontanamente paragonabile al numero di vittime umane dalla nascita del mondo.

Chi accusa gli altri di preoccuparsi degli animali e non di cause più “nobili” crede che qualsiasi altra attività sia migliore che difendere gli animali. Queste persone, infatti, non si sognerebbero mai di accusare chi gioca a carte o chi passa il tempo a guardare partite di calcio del fatto che non si occupano della fame del mondo.

“Tutto ciò che l’uomo infligge agli animali ricade di nuovo su di lui. Chi taglia con un coltello la gola di un bue e rimane sordo alle grida di paura, chi è in grado di macellare a sangue freddo un capretto che grida e mangia l’uccello al quale egli stesso ha dato da mangiare – quanto è ancora lontano dal compiere un crimine?“

Pitagora (580–500 a.C. ca.)
NEL CASO IN CUI TI TROVASSI SU UN’ISOLA DESERTA, MANGERESTI GLI ANIMALI?

Se l’isola fosse veramente deserta, anche gli animali difficilmente vi sopravvivrebbero. Al contrario, in un luogo dove gli animali sopravvivrebbero si troverebbero nutrimenti vegetali anche per gli esseri umani. E questo è un dato inequivocabile!

Nell’isola “popolata da soli conigli” favoleggiata da tanti provocatori non mangerei certamente i conigli e risponderei, a chi fa questa domanda, se in un’isola popolata da soli cani mangerebbe questi ultimi.

Nel caso in cui si trovassero in un’isola deserta popolata da soli serpenti, pipistrelli, varani, li mangerebbero?
Chissà se gli verrebbe voglia di pescare in un’isola deserta circondata da squali, pesci velenosi e barracuda.
E chissà cosa farebbero se naufragassero in un’isola popolata da soli cannibali!

Anche in natura si rilevano condizioni eccezionali che vedono alcuni animali, notoriamente erbivori stretti, nutrirsi di carogne, o divorare i propri cuccioli. Crediamo sia una domanda a cui non sia sincero rispondere se non nel caso in cui si verificasse nella realtà questa triste evenienza. 

Come comportarsi in una determinata situazione? Nessuno può dirlo con certezza in anticipo.

Se avessero chiesto a chi, dopo un naufragio o dopo un incidente aereo, si è trovato su una zattera in balia di una tempesta o in un clima artico a dover attendere i soccorsi in una situazione estrema, se mai avrebbe accettato di mangiare carne umana, probabilmente la sua risposta sarebbe stata negativa. Purtroppo, però, si è trovato in condizione di mangiare porzioni di corpi dei compagni di sventura deceduti. 

Questo è ciò che successe durante quello che fu chiamato Disastro aereo delle Ande, dove i passeggeri dell’aereo precipitato dovettero nutrirsi dei corpi dei compagni morti per poter sopravvivere, prima di essere salvati, 73 giorni dopo lo schianto.

HAI RAGIONE, TI AMMIRO PER CIÒ CHE FAI! MA IO SENZA CARNE NON POSSO STARE. 

Tra le molte tipologie di interlocutori onnivori c’è chi non presenta il veganismo come una scelta innaturale o illogica in modo diretto ma preferisce farlo in modo indiretto fingendo addirittura di apprezzare la coerenza di chi sceglie il 100% vegetale e cruelty free e ti dice: “Hai ragione ti ammiro per ciò che fai! Ma io senza carne non posso stare”.

All’interno dei cibi animali vengono inseriti degli aromi che li rendono gradevoli al palato e dei coloranti che li rendono gradevoli alla vista. Infatti, spesso gli stessi aromi vengono inseriti nei cibi vegetali, per ottenere dei piatti che ricordano molto la carne, ma che di animale non hanno nulla.

Nei supermercati ci sono ormai tantissime alternative vegetali addizionate di tali aromi: esse ricordano tantissimo l’originale e sono adatte a coloro che non riescono a rinunciare a certi gusti. Questo permette di non modificare totalmente (almeno dal punto di vista del gusto) i piatti, ma di sostituirne semplicemente gli ingredienti.

In ciò che più spesso le persone pensano, per “essere autorizzate” a mangiare carne, vi è l’idea che gli animali abbiano diritti in qualche modo inferiori rispetto agli esseri umani e non abbiano pensieri coscienti. In alternativa, alcune persone si giustificano con la cosiddetta teoria delle quattro N, in base alla quale il consumo di carne è definito come: “Naturale”, “Necessario”, “Simpatico, carino” (Nice in inglese) e “Normale”. Un altro approccio comune è quello di dissociare la carne dall’animale, usando per esempio termini quali “pollame” o “bovini”.

Analizziamo l’affermazione “Io senza carne non posso stare” legata alla salute e iniziamo con il farvi sapere che il consumo di carne in relazione al rischio di cancro è stato riportato in oltre cento studi epidemiologici in molti paesi con diete diverse.

L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ritiene che la dieta sia un fattore chiave che determina il rischio di cancro. Infatti, in un gruppo di lavoro, l’AIRC ha concluso che la carne rossa e quella lavorata sono classificate come cancerogene per l’uomo.

Sempre lo stesso gruppo di lavoro ha anche segnalato che il consumo di carne rossa è associato al cancro del pancreas, del colon e della prostata.

Consumare proteine vegetali al posto di quelle animali riduce il rischio di morte. E’ quanto emerge da uno studio pubblicato sul JAMA Internal Medicine.

  • I ricercatori hanno analizzato l’assunzione delle due differenti fonti proteiche nella coorte del US National Institutes of Health–AARP Diet and Health Study, con più di 400.000 partecipanti.
  • Il maggior consumo di proteine vegetali era associato con una riduzione del 5% del rischio di mortalità totale.
  • Inoltre, il rischio di mortalità totale per l’assunzione di 10 g/1000kcal di proteine vegetali si riduceva del 12% per gli uomini (HR 0.88,95%CI, 0.84-0.91] e del 14% per le donne [HR 0.86, 95%CI, 0.82-0.90].
  • La sostituzione del 3% di energia da proteine animali con proteine vegetali era associato inversamente con la mortalità totale (riduzione del rischio del 10% in entrambi i sessi) e con quella dovuta a cause cardiache (riduzione del rischio dell’11% negli uomini e 12% nelle donne).
  • Nello specifico, la maggiore riduzione della mortalità totale era attribuibile alla sostituzione delle proteine delle uova (rischio ridotto del 24% negli uomini e del 21% nelle donne) e della carne rossa (rischio ridotto del 13% negli uomini e del 15% nelle donne), con proteine vegetali.
  • I ricercatori concludono come questo studio fornisca evidenza di come la scelta delle fonti di proteine possa influenzare la salute e la longevità.

La carne è uno dei cibi più acidificanti, come tutti i cibi acidi: altri prodotti animali, caffeina, alcool, tabacco, antibiotici e medicine in generale, qualsiasi cibo cotto e gli alimenti trasformati, in scatola, contenenti conservanti, coloranti, ecc… L’acidosi cellulare causa l’espulsione dell’ossigeno. La mancanza di ossigeno nelle cellule crea un ambiente acido. Privando una cellula del 35% del suo ossigeno per 48 ore è possibile convertirla in un cancro. Tutte le cellule normali hanno il bisogno assoluto di ossigeno, ma le cellule tumorali possono vivere senza di esso. (vedi ipotesi Warburg)

È stato dimostrato che la cottura di certe proteine dà origine a sostanze dette ammine eterocicliche, alcune ammine eterocicliche rivestono la funzione biologica di vitamine, mentre altre sono cancerogene; le ammine eterocicliche cancerogene si generano dalla cottura ad alta temperatura della carne, tossine pericolose che insieme alle quantità eccessive di colesterolo e di grassi saturi possono essere dannose per il cuore e le arterie. In America, il paese con il più alto consumo di carne, una persona su due muore di malattie del cuore o dei relativi disturbi cardiovascolari. (Leggi: Formazione di ammine eterocicliche)

E per concludere aggiungiamo una citazione per tornare a riflettere sull’aspetto etico:

«Ho detto molte volte che la carne è una cosa cattiva. Non mi capiscono. Loro pensano che la carne sia una cosa indispensabile. Vogliono sempre carne. Quando hanno finito di mangiare loro ridono».
«Non amo mangiare carne. Ho visto come ammazzano gli agnelli e i maiali. L’ho visto e ho sentito i loro lamenti. Loro sentono la morte. Me ne sono andato per non vedere la morte. Non lo sopportavo. Piangevo come un bambino. Sono salito su per una montagna e non riuscivo a respirare. Mi sono sentito mancare il respiro. Ho sentito la morte dell’agnello. Mentre salivo sulla montagna piangevo. Avevo scelto una montagna dove non c’era gente. Avevo paura di essere deriso».
«La carne mi disgusta perché so come uccidono gli animali e quanto essi piangano».
«So che molti dottori diranno che sono tutte sciocchezze. Che bisogna mangiare la carne perché la carne è necessaria. La carne non è una cosa necessaria. […] Da quando non mangio carne, ho notato che il mio stomaco funziona meglio, che i miei pensieri funzionano meglio, e che invece di camminare corro».

(Vaclav Fomič Nižinskij, ballerino e coreografo russo, dai Diari)

I VEGANI IMPONGONO AI LORO FIGLI UN’ALIMENTAZIONE 100% VEGETALE

Tutti i genitori impongono ai propri figli una certa dieta, di qualunque tipo essa sia. Per nessuna di queste diete si può essere certi che i figli, crescendo, le approveranno o le condivideranno.

Quindi, se i vegani vengono accusati di imporre una determinata dieta ai loro figli, con lo stesso principio lo si dovrebbe pensare anche per la dieta a base di carne e derivati che la maggior parte dei genitori impongono ai loro figli.

Se si teme che un certo tipo di alimentazione non sia adeguata o bilanciata, ci si può sempre rivolgere a un professionista esperto di alimentazione, in modo da proporre ai propri figli un’alimentazione sana e salutare.

Questo dovrebbe avvenire sempre, ma è importante che lo specialista che interpelleremo sia intellettualmente corretto ed etico, affinché non ci indirizzi verso un certo tipo di dieta per interessi personali o scarso approfondimento dell’argomento. (Leggi Multinazionali del cibo e scienziati)

Saranno i nostri figli a decidere poi, crescendo, se vorranno o meno seguire una certa dieta.

COSA DAI DA MANGIARE AL TUO CANE O GATTO?

I vegani si ritrovano spesso a essere accusati di non mangiare carne, ma di darla ai propri cani o gatti.

Purtroppo, i cani e i gatti che vivono con noi non conducono la vita “naturale” che dovrebbero vivere. Essi (anche quelli randagi) sono il risultato di selezioni avvenute nei secoli. Questo fa sì che purtroppo non possano procacciarsi il cibo da soli e che siamo noi a doverli nutrire. Soprattutto il gatto, che è un animale carnivoro, deve nutrirsi di carne: in natura non sarebbe in grado di cacciare una mucca, ma si nutrirebbe di piccoli animali.

Purtroppo, anche le scatolette che si trovano al supermercato destinate agli animali domestici non hanno nulla di naturale. Esse sono carni derivate dallo scarto dell’industria alimentare, addizionate di aromi e arricchite con vitamine e farmaci di vario genere.

Anche per gli animali domestici, comunque, esistono molti prodotti di origine vegetale che sono equilibrati e addizionati con tutte le sostanze necessarie (il gatto, per esempio, necessita di taurina), per non far mancare loro nulla.

Per maggiori informazioni sull’alimentazione 100% vegetale di cani e gatti si prega di leggere l’intervista che abbiamo fatto alla Dott.ssa Manuela Raja, veterinario nutrizionista: I cani e i gatti possono essere vegan?

HO ACQUISTATO UN ALIMENTO 100% VEGETALE, MA SOPRA C’È SCRITTO CHE PUÒ CONTENERE TRACCE DI LATTE, UOVA, ECC…

Tale dicitura è obbligatoria per legge. Essa indica semplicemente che quei prodotti sono stati confezionati in uno stabilimento in cui vengono prodotti anche alimenti che contengono latte, uova o altri allergeni. Queste informazioni sono obbligatorie perché sono importanti per tutti coloro i quali sono intolleranti o allergici ad alcuni alimenti e che, se consumassero cibi contaminati accidentalmente dagli allergeni, potrebbero avere seri problemi di salute.

Questo non significa che il prodotto non sia 100% vegetale e possa quindi essere tranquillamente consumato da un vegano.

PERCHÈ UN VEGANO NON INDOSSA SCARPE O VESTITI IN PELLE, PELLICCIA, LANA, SETA O PIUMINI?

Un vegano non acquista né indossa alcun capo che contenga in etichetta pelliccia, pelle, cuoio, lana, seta, piuma.

Gli animali “da pelliccia” vivono tutta la vita in piccole gabbie e vengono poi uccisi con metodi crudeli, scuoiati vivi, oppure catturati con trappole a tagliola o colpiti a morte con bastoni uncinati.

La pelle e il cuoio derivano dai bovini, anch’essi allevati allo scopo di essere uccisi per essere mangiati e per utilizzarne la pelle. Ma, attenzione, la pelle e il cuoio derivano anche da animali uccisi solo per questo motivo, come nel caso dei bovini provenienti dall’India o dei coccodrilli e serpenti.

La lana delle pecore viene ottenuta in maniera forzata e violenta: esse sono ferite in questa pratica e comunque vengono condotte al macello, quando non servono più per la lana. Attraverso una selezione genetica sono stati “creati” animali che in natura non sarebbero mai esistiti. Pecore la cui lana cresce tutto l’anno e con una pelle particolarmente rugosa, per aumentare la quantità di lana prodotta.

Per ottenere la seta, i bachi vengono immersi in acqua bollente e bolliti vivi. Sapete quanti bachi devono morire per produrre 1 kg di seta? Più di 3.000!

L’angora è un tipo di lana che viene prodotta con il pelo del coniglio d’angora. Ogni tre mesi circa, quando il loro pelo raggiunge la lunghezza stabilita, inizia il processo di strappo. Vengono immobilizzati su assi di legno con corde che tirano i loro arti. I poveri conigli d’Angora si contorcono e si dimenano con tutte le loro forze, ma ogni loro sforzo è vano. Il pelo viene loro letteralmente strappato velocemente e senza sosta: immaginate il dolore e la paura che possono provare!

Infine, le oche vengono spiumate da vive per poter creare i piumini che tanto sono apprezzati da molte persone…

Controllate con attenzione le etichette di maglie, sciarpe, guanti, calzature, giacche, giubbotti, cappelli e boicottate tutto ciò che contiene sofferenza e morte di animali innocenti.

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