I danni dell’industria conciaria

I danni dell’industria conciaria sono svariati; il settore è tra i più impattanti per l’ambiente. Un’industria poco virtuosa che fa del fashion uno status symbol inquinando e contaminando il pianeta. I rifiuti della lavorazione della pelle sono oltre il 50% del peso della materia prima lavorata.

La pelle e il cuoio sono sottoprodotti dell’industria alimentare. Scarti, famelicamente inglobati dall’industria conciaria che usa questi miseri resti mortali per produrre capi d’abbigliamento. Scuoiando buoi, tori, mucche, vitelli, capre, pecore, cavalli, bufali, cinghiali, bisonti, serpenti, zebre, alligatori, canguri e a volte, in alcuni paesi, anche cani e gatti.

Tutto questo sommando inquinamento e sfruttamento di risorse a quello già elevatissimo degli allevamenti intensivi legati a diverse e gravi problematiche: consumo di suolo, deforestazione, acque reflue, spreco idrico e gas serra.
L’industria conciaria annovera molti capi d’imputazione.
Vengono usate sostanze chimiche tossiche che servono per stabilizzare il materiale organico, la pelle degli animali, attraverso dei procedimenti che ne impediscono il deterioramento e la putrefazione e allo stesso tempo conferiscono al prodotto elasticità e resistenza. Per la concia, vengono utilizzati il cromo e altri metalli pesanti. Il cromo esavalente è presente in oltre la metà di tutti i manufatti in pelle: è una sostanza che provoca allergie ed è estremamente cancerogena.[3]

Il cromo esavalente, proprio per la sua pericolosità data dai suoi sali che formano legami molto forti con la pelle umana, è sottoposto a restrizioni. Nei manufatti di pelle non può superare i 3ppm.[1] Viene affiancato dal cromo trivalente che è innocuo ma che, se sottoposto ad ossidazione, si trasforma in esavalente. L’ossidazione avviene per invecchiamento termico: esposizione al sole, all’umidità e all’acqua.

Consumo idrico e inquinanti emessi in atmosfera

Si calcola che la quantità d’acqua sprecata nell’industria del cuoio sia molto elevata: fino al 400% rispetto al peso della pelle trattata; inoltre, gli scarichi della lavorazione sono fortemente inquinanti. Piombo e cianuro finiscono nei corsi d’acqua generando fanghi tossici. [2][3]

  • Emissioni in atmosfera: durante le fasi della lavorazione vengono generati rifiuti tossici ed esalazioni in atmosfera, come idrogeno solforato, ammoniaca, solventi organici, vapori di formaldeide e polveri altamente cancerogene.
  • Acque reflue: i residui chimici della concia inquinano le falde acquifere danneggiando le attività agricole e di conseguenza la salute umana. L’acqua contaminata mette a repentaglio anche la salute dell’ecosistema, danneggiando in maniera irreversibile biodiversità e ambiente.[4]

Cina e India

Ma nel computo totale dei danni prodotti dall’industria del pellame dobbiamo inserire i maggiori produttori di articoli in pelle: Cina e India dove, in molte zone, le leggi per la tutela ambientale, per la salute umana e animale sono assenti, scarse o scarsamente rispettate.

In India, nonostante le mucche siano protette dalle istituzioni, non mancano certo vili affaristi pronti a raggirare le famiglie più povere. Essi comprano i vitelli e le mucche che non producono più latte, rassicurando i venditori che gli animali andranno a vivere in altre fattorie. Ma la realtà è ben diversa.

Gli animali saranno costretti a camminare per giorni interi senza cibo, nè acqua e ogni volta che cadranno a terra sfiniti, saranno percossi fino a rompere loro le ossa o la coda. Oppure verrà spruzzato dello spray al peperoncino nei loro occhiper costringerli ad alzarsi. Una pratica inutile e crudele. E così, esausti, feriti, con gli occhi rossi di dolore saranno costretti a riprendere il cammino verso un’ingiusta e orrenda morte.

Un volta superato il confine, i poveri animali verranno caricati sopra un camion, stipati in pochissimo spazio, in condizioni igieniche precarie, dove molti di loro cadranno a terra, morendo calpestati dai compagni. Infine, quando raggiungeranno quei pochi posti (nel sud del paese o in Bangladesh) in cui è consentita la loro macellazione, verranno lasciati sotto al sole cocente, in fila, spaventati, doloranti e assetati ad aspettare che venga loro tagliata la gola con dei vecchi coltelli malridotti, che renderanno la loro agonia più lunga e dolorosa.

Questi animali muoiono per diventare oggetti all’ultima moda nel “civile” e opulento occidente, dopo essere stati torturati per ingrassare i guadagni della plurimiliardaria industria del pellame.

E a rimetterci non sono solo gli animali, ma anche i lavoratori del settore calzaturiero, sottopagati e sfruttati e che sono soprattutto donne e bambini. Esposti ad agenti chimici pericolosi, le cui esalazioni non solo mettono a repentaglio la loro salute ma anche l’ambiente, riuscendo ad intaccare addirittura la catena alimentare.

Se molti brand di moda hanno finalmente abbandonato l’uso di pellicce nelle loro collezioni, molto più ostico appare abbracciare una politica cruelty free riguardo ai capi in pelle. Chanel è uno dei pochi marchi che ha bandito sia le pellicce che le pelli esotiche: serpenti, coccodrilli e lucertole, ma la strada dell’etica è ancora lunga. Un percorso che può essere intrapreso solo con una vera e propria presa di coscienza collettiva.

Anche quest’anno in passerella vince il podio il must have di stagione, la pelle. L’outfit rock o chic in total leather va per la maggiore: a dispetto dell’etica e della compassione vediamo sfilare capi in nappa d’agnello, pantaloni in camoscio, abiti luccicanti che brillano della luce fredda del profitto e della vanità.

Pelle vegana

Esistono materiali alternativi alla pelle animale per soppiantare la crudele industria conciaria. Prodotti identici alla pelle ma molto più validi, realizzati senza violenza e nel rispetto dell’ambiente e della salute umana. Tutto questo viene fatto usando materiali di scarto destinati a diventare rifiuti.

Le dieci alternative più importanti alla pelle:

  1. Scarti della frutta
  2. Grano
  3. Vino
  4. Ulivo
  5. Funghi
  6. Carta
  7. Sughero
  8. Tofu
  9. Tè Kombucha
  10. Cotone cerato

Il Pinatex, ad esempio, è un materiale totalmente ecologico che si estrae dall’ananas, usando gli scarti della sua raccolta. Anche utilizzando il mango e il tronco di banano si possono creare degli accessori in finta pelle a impatto ambientale nullo.

Per quanto riguarda il vino, viene utilizzata la vinaccia consistente in bucce, raspi e vinaccioli, tutti scarti di produzione. Il materiale ottenuto da questo processo di lavorazione è una simil pelle che ha già vinto un Global Change Award: un premio riservato ai prodotti più innovativi e con notevoli potenzialità commerciali. Dai funghi si ottiene un prodotto identico allo scamosciato che è estremamente durevole. Ricordiamo che Bottega Veneta ha prodotto una borsa chiamata Carta Giapponese usando esclusivamente carta.

Tutti questi materiali naturali sono atossici e dotati di grande resistenza, per cui non esiste scelta migliore per sostituire la pelle animale impiegata nell’obsoleta, crudele e tossica industria conciaria. Per chi desidera un look grintoso e audace sfoggiando capi aggressivi o supereleganti in pelle, l’unico messaggio da veicolare è il più semplice di tutti: sostituite la vanità con l’etica, acquistando la similpelle. Per rendere omaggio al pianeta, agli animali e alla propria coscienza.

Fonti:
[1] La problematica del cromo esavalente nel cuoio – Dott. Biagio Naviglio
[2] I danni dell’industria del pellame
[3] Chromium (VI) in leather clothing and shoes problematic for allergy sufferers!
[4] Impact of post-tanning chemicals on the pollution load of tannery wastewater

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