Quali sono i meccanismi mentali che imprigionano i carnisti?
In questo articolo approfondiremo questo argomento.
Nella vita di tutti i giorni, per chi ha scelto di non essere più complice, con la propria alimentazione, dell’uccisione di animali innocenti, cercare di coinvolgere altre persone affinché seguano il nostro esempio è molto importante.
Ma, a volte, rischiamo di farlo in maniera “troppo” appassionata: in alcuni casi succede quando si è vegani da poco, in altri, quando si è assistito a talmente tanta sofferenza e morte che, a forza di trattenere, si esplode.
Penso sia capitato a tutti noi di renderci conto che l’approccio usato sia stato controproducente e di aver pensato che un approccio differente avrebbe dato risultati migliori.
Quando ci si ritrova nella situazione sopra descritta, bisognerebbe (a mio modesto parere) fermarsi un attimo e riflettere.
Noi vegani abbiamo scoperto la verità su ciò che accade agli animali, conosciamo gli orrori che si nascondono dietro l’industria della carne, del latte, delle uova, della pelle…, abbiamo smesso di mangiare prodotti di origine animale e siamo piuttosto arrabbiati che tali abusi continuino.
Ma ciò che non dobbiamo MAI dimenticare è che ben pochi di noi hanno avuto la fortuna di nascere vegani, quindi bisognerebbe tornare con la mente un po’ indietro nel tempo, a quando anche noi ci nutrivamo di carne e derivati, in modo da individuare e formulare la corretta comunicazione.
Senza la comunicazione adeguata e se non ci si prende veramente cura di far comprendere determinate dinamiche, l’interlocutore alzerà un muro talmente alto da impedirci di dire o fare qualsiasi cosa.
I meccanismi mentali che imprigionano i carnisti
Il termine carnismo è stato coniato nel 2001 dalla sociopsicologa, scrittrice e attivista animalista Melanie Joy. Uno dei suoi libri più famosi è “Perché amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche”.
Non vediamo il mangiare carne, quando siamo vegetariani – come una scelta, basata su una serie di ipotesi sugli animali, il nostro mondo e noi stessi. Piuttosto, la consideriamo una cosa determinata, “naturale”, il modo in cui le cose sono sempre esistite e il modo in cui le cose saranno sempre. Mangiamo animali senza pensare a quello che stiamo facendo e perché, perché il sistema di credenze che sottostà a questo comportamento è invisibile. Questo sistema di credenze invisibili è quello che io chiamo il carnismo.
Melanie Joy – Psicologa sociale e attivista per i diritti degli animali
Le persone non riescono a vedere l’orrore che è proprio davanti ai loro occhi, non riescono a fare il semplice collegamento tra il pezzo di carne che hanno nel piatto e l’animale torturato, abusato e ucciso. Come del resto non ci riuscivano in passato tutti coloro che non sono nati vegani, ma lo sono diventati dopo aver mangiato carne per diversi anni.
La mente del carnista è imprigionata: vede il mondo e se stesso attraverso gli occhi del “sistema”. Di conseguenza, tende a comportarsi non com’è realmente, ma come il sistema vuole che sia.
È impressionante come un’intera società di persone razionali possa sostenere modelli di pensiero senza alcuna logica, come possa non capire che gli animali non umani provano emozioni ed hanno sentimenti, esattamente come li ha l’uomo.
“Il sistema”
Perché non cercare di conoscere come funziona il sistema e quali sono i vari meccanismi mentali che ci imprigionano?
Come prima cosa bisogna documentarsi attraverso le opere di coloro che hanno studiato a fondo questi meccanismi mentali. A mio parere, uno dei modi migliori per farlo è quello di leggere il libro menzionato poco fa, “Perché amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche”: una lettura assolutamente illuminante.
Melanie Joy dà il nome di carnismo a una serie di meccanismi di difesa che ci permettono di prendere parte a della pratiche che altrimenti non sosterremmo mai, il tutto senza davvero comprendere cosa stiamo facendo.
Una cosa che personalmente tengo sempre in mente è che più si fanno conoscere le capacità e le caratteristiche di un animale non umano, più aumenta l’empatia verso gli animali. A volte, basta dare un nome all’animale e illustrare le sue capacità per dare uno scossone al “sistema”.
Una delle azioni che potremo fare è quella di portare amici/parenti a visitare un santuario di animali: in mezzo a loro, conoscendoli e constatando che sono esseri senzienti, sarà molto più difficile per loro mangiarne uno.
Nel caso in cui vi ritrovate a tavola con qualcuno che mangia carne, evitate di intavolare discussioni riguardo al fatto che sia giusto o meno nutrirsi di animali. Rimandate la discussione a dopo il pasto.
Penso anche che sia sempre buona cosa essere d’esempio, quindi è bene fare sempre attenzione a cosa si fa o si dice.
E, come accennato in precedenza, mai e poi mai l’indignazione e la rabbia dovrebbero sfociare in violenza verbale, bensì si dovrebbe usare questi sentimenti in modo positivo, così da indurre un cambiamento. In caso contrario, ogni possibile beneficio si perderebbe.
Il maiale di nome Tonino
Riguardo a ciò che ho scritto prima, sul dare un nome e far conoscere le abilità che contraddistinguono un animale, vorrei raccontarvi una breve storia riguardo a ciò che mi è accaduto molti anni fa, quando non ero ancora vegano.
Un giorno, mentre navigavo su Facebook, vidi un post che catturò la mia attenzione. In un video c’era un maiale di nome Tonino che giocava con la palla. Era talmente bravo a catturare e dirigere la palla dove voleva che avrebbe dato filo da torcere ad un uomo.
La pagina che conteneva il video era molto grande ed il post non catturò solo la mia attenzione, ma quella di altre centinaia di persone. Voglio precisare che non era una pagina animalista.
Tonino purtroppo si trovava in un allevamento, non intensivo, ma custodito da persone che ne volevano fare prosciutti e salsicce! Io e un’altra persona fummo quelli che presero più a cuore la sorte di Tonino, ma anche tutti gli altri partecipanti erano molto interessati.
Fu così che decidemmo di creare una raccolta fondi nella pagina per acquistarlo (tengo a scrivere che non è mai bene acquistare un animale, ma in questo caso lo scopo era quello di salvarlo) e cercare di trovargli una sistemazione in un rifugio/santuario. Non vi sto a descrivere quanto interesse ci fosse e in quanto poco tempo abbiamo raccolto i fondi sia per comprarlo che per pagare il viaggio verso la sua nuova casa.
Conclusioni sulle quali riflettere
Concludo la storia scrivendovi che sembra così strano che un gruppo così grande di persone abbia deciso a tutti i costi di salvare Tonino, mentre allo stesso tempo si nutrivano di carne, compresa quella di maiale.
E qui torno a ciò che ho scritto prima: dare un nome all’animale e far conoscere le sue abilità, aiuterà più di mille parole!
Prendetevi cura delle persone, perché penso che l’uomo sia fondamentalmente buono, ma che abbia bisogno di una guida costante e preparata.
Viva la vita!