La lana non è etica

La lana non è etica perché la sua produzione comporta sfruttamento e sofferenza animale. Per una stola di pelliccia è evidente a tutti l’orrore che si cela dietro la sua manifattura ma per la lana occorre una dettagliata e approfondita spiegazione. Perché in quest’ultimo caso i maltrattamenti vengono accuratamente nascosti al pubblico.

Per avere una maggiore comprensione di ciò che rappresenta l’industria della lana, partiamo dalle origini: le pecore non esistevano in natura.

Esistevano i mufloni dai quali discendono. I mufloni non hanno lana, possiedono un pelo ispido e duro inadatto alla filatura. Hanno grandi corna e sono animali notturni. Pascolano dopo il calar del sole.

Le pecore così come le conosciamo, sono state create dall’uomo. Un’èquipe di ricercatori francesi ha scoperto il processo evolutivo che li ha portati ad ottenere la lana al posto del vello naturale di questi animali.
E dopo 5 mila anni di incroci e selezioni, le pecore hanno perso le corna e hanno sviluppato un manto di morbida e soffice lana.

Ve lo aspettavate?
L’essere umano ha trovato ancora una volta la maniera di modificare a suo piacimento e per il suo esclusivo interesse la natura. Senza domandarsi nel suo delirio megalomane, se fosse giusto o etico.

Premesso questo fondamentale aspetto, nella produzione della lana le tribolazioni degli ovini solo solo all’inizio.

La tosatura della pecora

La tosatura ormai è completamente automatizzata e le macchine hanno delle misure standard e accade così che quando le pecore sono fuori misura le lame le feriscono, asportando, oltre alla lana, la carne. E spesso vengono prese a calci e pugni dagli operai per condurle, terrorizzate, alla tosatura.

Ma il sistema non ha pietà di questi animali neanche quando la tosatura avviene manualmente.
Ho conosciuto personalmente un addetto alla tosatura delle pecore, lavorava in piccoli allevamenti locali e mi raccontava che doveva essere veloce ed efficiente, e poco importava se l’animale durante la tosatura subiva qualche ferita. Velocità e crudeltà vanno a braccetto, per produrre nel minor tempo possibile la maggior quantità di lana. I tempi sono stretti e i metodi impietosi.

Negli allevamenti intensivi, perché la richiesta di lana per l’industria della moda è elevatissima, le condizioni igieniche sono scarse. Nei capannoni gli animali affondano le zampe nel letame restandovi costantrmente immerse. La sporcizia e il sovraffollamento incidono sul diffondersi di malattie e infezioni. E così alcuni degli esemplari feriti non sopravvivono alla tosatura. Si stima più di un milione di esemplari l’anno.

In primavera dopo la tosatura, se il tempo peggiora e il freddo si riacutizza, gli animali possono morire o ammalarsi. In estate, possono subire colpi di calore mortali.

E quando le pecore non producono più abbastanza lana vengono condotte al macello e sostituite con esemplari più giovani.
Questo è il ringraziamento dell’uomo per questi miti e remissivi animali a cui hanno sottratto lana per tutta la vita.

Che cos’è il mulesing

Per la produzione di lana Merinos le pecore di questa razza, che possiedono una pelle più rugosa, vengono torturate con una pratica particolarmente violenta: il mulesing che consiste nello scuoiamento della zona anale e perianale con amputazione della coda. Senza anestesia e senza medicazioni.

Questo orribile metodo serve ad evitare che le mosche depongano le larve nelle pieghe che la pelle forma in quella determinata area. Ovviamente gli animali soffrono e sanguinano copiosamente, alcuni non sopravvivono allo stress e alle conseguenti infezioni.
Ma gli allevatori non si preoccupano per le terribili sofferenze inflitte a questi animali per ottenere una manciata di pregiatissima lana.

La lana Mohair

Ancora più crudeli e spietati sono gli allevamenti per la lana Mohair che si ottiene dalla lavorazione del pelo della capra d’Angora. In questi veri e propri lager la mortalità è terribilmente elevata. Il 25% degli ovini non supera i sei mesi di vita, età questa in cui avviene la prima tosatura.

Prima della tosatura le capre vengono immerse in vasche con soluzioni chimiche, la cui velenosità è tale da provocare la morte se ingerite. Eppure vengono immerse a forza sott’acqua anche con la testa.

Gli animali terrorizzati vengono trascinati brutalmente alla tosatura dove spesso subiscono ferite e mutilazioni per la velocità e il poco riguardo per la loro incolumità.

Un piccolo inciso per la lana da concia ricavata dagli animali morti dopo essere stati macellati.

Per evitare tanta brutalità non siate condiscendenti, esistono diverse e ottime alternative alla lana: fibre tessili di origine vegetale.

Sisal, abaca, cotone, lino, ramiè, fibra di eucalipto, bambù, alghe, banana, rafia, canapa, iuta.

Melania Corradini


Fonti:
https://en.wikipedia.org/wiki/Domestication_of_the_sheep

https://www.cambridge.org/core/journals/genetics-research/article/evolution-of-the-sheep-coat-the-impact-of-domestication-on-its-structure-and-development/881352ED4C130F24D64E6F1D2DC928A1
https://www.researchgate.net/publication/315801456_Genome-Wide_Identification_Of_The_Mutation_Underlying_Fleece_Variation_And_Discriminating_Ancestral_Hairy_Species_From_Modern_Woolly_Sheep

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2 commenti su “La lana non è etica”

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