L’empatia è la capacità di comprendere lo stato d’animo altrui.

L’empatia è la capacità di comprendere lo stato d’animo altrui, ovvero di “mettersi nei panni dell’altro”, un evento di partecipazione e condivisione.

L’empatia è una forma molto profonda di comprensione dell’altro perché si tratta di immedesimarsi nei sentimenti altrui.

Noi di Essere vegan, riportiamo un bellissimo articolo scritto da Chiara Moranda, dove è possibile leggere quali sono gli orrori che si nascondono dietro l’industria del latte.

L’articolo è pubblicato nella sua pagina Facebook: LiberaMente

Empatia

Mi chiamo 4528

Mi chiamo 4528, come in un incubo mi ritrovo in un cunicolo stretto e terribile in cui mi obbligano a procedere con degli strumenti dolorosi. Chi sono queste persone attorno a me? Perché non si fermano davanti alle mie lacrime? Perché mi trattano come se fossi un oggetto?

Ascolto le urla strazianti dei compagni che mi precedono, sento l’odore del sangue, della paura, dell’inspiegabile orrore da cui non posso fuggire e capisco che sto per morire, ma non capisco il perché: sono così giovane, non ho fatto mai male a nessuno, mi manca la mia mamma…Aiutami!

Forse almeno tu puoi comprendere: voglio raccontarti la mia storia, affinché tu possa conoscere la verità. Ti prego, non lasciare ch’io muoia invano!

Sono nato in un luogo cupo e nascosto, così che nessuno notasse la mia collaterale presenza. La mia mamma era così bella, ma celava una profonda tristezza, una tristezza che chi non ha il coraggio di guardare quegli occhi non può immaginare.

Il mio primo e unico ricordo felice è stato sentire la mia mamma tutta per me, carica di amore, di calore, di protezione e di profumato latte, latte che non ho mai potuto bere: quel latte che credevo mio era destinato ad altri. La mia mamma, pure.

Siamo stati divisi sin dal primo giorno: ho pianto tanto e quel pianto mi è rimasto dentro. Ho sentito i richiami struggenti della mia mamma, carichi di dolore, fin dentro la cella in cui mi hanno buttato, li ho sentiti per giorni, prima profondi, disperati, poi sempre più flebili, rassegnati, poi più niente.

Sono cresciuto in quella minuscola gabbia in cui non riuscivo a muovermi, nutrito con una poltiglia artificiale, indebolito fino a diventare anemico; al mio fianco, divisi da fredde sbarre, intravedevo altri come me.

Avrei voluto giocare coi miei fratelli, avrei voluto correre nei prati, vedere il sole, avrei voluto addormentarmi al rassicurante tepore della mia mamma e ritrovarla al mio risveglio, avrei voluto bere il suo latte. Avrei voluto vivere la mia esistenza semplice: perché non mi è stato concesso?

Dalla mia prigione, attraverso una piccola apertura, riuscivo ad intravedere un pezzetto di mondo esterno: per desolato che fosse, mi è sempre sembrato tanto bello ed è riuscito a volte a spezzare la monotonia delle mie tristi giornate, grazie ad un uccellino posato, un acquazzone inaspettato…

Contrariamente a quanto molti pensino, sono riflessivo, intelligente, curioso, socievole; chissà quante belle cose avrei potuto scoprire là fuori!

Forse ho desiderato troppo la libertà, perché un giorno mi hanno caricato a forza su uno strano mezzo insieme ai miei coetanei maschi: la paura e lo scompiglio sono stati terribili e per convincerci a salire ci hanno spinto, picchiato, spaventato, eppure ricordo bene che il terrore si è mischiato alla speranza, speranza in una vita migliore, speranza nel cambiamento, nella giustizia, speranza che anche noi avessimo diritto ad un briciolo di felicità. Invece, dopo un viaggio atroce ed estenuante senza acqua e senza cibo, viaggio in cui alcuni miei fratelli hanno perso la vita, sono giunto qui dove mi trovo ora: ci hanno scaricati e ammassati, poi ci hanno spinti in questo cunicolo…

Mi chiamo 4528 e sto per essere ammazzato: non esiste alcun paradiso inaspettato per me, ma solo un altro inferno! Nessuno verrà a salvarmi, nessuno si accorgerà di me, nessuno sentirà il mio pianto legittimo e sacrosanto, nessuno ammetterà l’orrore del macello, perché io sono solo un vitello!

Mi chiamo Chiara

Mi chiamo Chiara, ho la fortuna di essere nata umana. So che il vitello 4528 è morto solo perché io potessi bere il latte prodotto dalla sua mamma.

So che la sua mamma verrà ingravidata ogni anno, affinché continui a produrre latte.

So che ogni vitello le verrà tolto dalla nascita, affinché non rubi neanche un goccio del latte destinato alla vendita.

So che i vitelli maschi saranno macellati a pochi mesi di età e venduti come carne bianca, mentre le femmine seguiranno lo stesso destino delle madri, finché sfiancate dalle gravidanze e dall’iper-produzione di latte verranno macellate a pochi anni di vita.

So che tutti vivranno confinati in anguste stalle, senza mai poter soddisfare le loro esigenze etologiche.

Mi chiamo Chiara, sono consapevole che carne, latte e latticini non sono alimenti indispensabili alla mia sopravvivenza, sono consapevole di potermi informare; sono libera dai condizionamenti culturali, tradizionali e sociali.

Mi chiamo Chiara ed ho scelto di non bere latte, di non mangiare carne, né altri alimenti derivanti dalla sofferenza animale: come Andrea, Alice, Davide, Elena, Lucia, come Sara, Massimo, Daniela, Maria, Elisa, come Pasquale, Greta, Alessandro, Riccardo, Silvia, Anna, Roberto, come Cristina, Fabio, Alberto, Federica, Angela, Alessio, Francesco, Sofia, come milioni di altri vegani nel mondo…E tu?

Chiara Moranda

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