L’ultimo giorno di vita espone tutto il dolore e l’ingiusta sofferenza di un cucciolo sacrificato per assurde e obsolete tradizioni che immolano sull’altare del palato tante vite innocenti. Tramandando dolore e morte come oscure eredità da custodire gelosamente.
Questo è il finale. L’ultimo giorno di vita.
Do uno sguardo veloce ai miei compagni di sventura: sono tutti cuccioli come me. Cuccioli d’agnello.
Porto lo sguardo a terra, è troppo doloroso osservare la loro paura.
È una crepa che si dirama dentro al mio cuore. Un crepaccio di penombra e violenza che presto ci ingoierà.
Il mio sogno più bello?
Essere libero.
Mi trastullo a immaginare il sole, il vento, l’erba, per non pensare alla lama che mi taglierà la gola.
Aggiungo, a occhi chiusi, un pensiero per mia madre: vorrei rivederla un’ultima volta.
Trenta giorni di vita per finire a testa in giù.
Non mi curo più del tremore, la paura ha lunghe zanne avvelenate, piantate dentro di me. E non allenta la presa.
“Pensa a qualcosa di bello…pensa a qualcosa di bello…” Mi ripeto, senza successo.
Non ho mai avuto nulla di cui gioire.
Gli umani sono sempre state sanguisughe attaccate alla mia gola.
Melania Corradini