Mamma orsa è un racconto, nato per ricordarci, che gli orsi non sono mangiatori di uomini ma seguono soltanto le leggi della natura che portano ogni madre, di qualsiasi specie, a difendere la propria prole. Gli orsi non sono animali aggressivi ma, scevri d’ogni ingiustificata violenza, si preoccupano solo di proteggere i loro cuccioli. L’essere umano dovrebbe imparare a non invadere il loro habitat violando la loro intimità.
L’orsa fissò l’orizzonte e si sentì in pace, quella linea rossa che accendeva il cielo le pareva una benedizione, il giorno cedeva il posto alle tenebre. E la notte la montagna diventava sua. Il silenzio la pace, la solitudine e i suoi figli che le trottavano affianco, così giovani e così ingenui da stringerle il cuore, erano tutto quello che desiderava.
Soprattutto la solitudine, dover fuggire alla vista degli uomini tutto il santo giorno era faticoso e terribilmente pericoloso. Lei sapeva bene che gli uomini non aspettavano altro che un pretesto per ucciderla. E il suo unico pensiero era rivolto ai suoi cuccioli, che da soli non sarebbero riuscìti a sopravvivere.
“Mamma, ho fame.” Le disse il più piccolo dei suoi cuccioli avvicinandosi. -Indietro in tutto, anche nello sviluppo…sopravviverà?- Si domandò lei cercando di dissimulare l’angoscia.
“Dai, vieni qui.” E il piccolo iniziò a ciucciare.
“Anche io!” Strillò subito un altro cucciolo, seguito da tutti gli altri.
-Ingordi rompiballe!- Pensò l’orsa, lasciandoli mangiare.
Chiuse gli occhi e vide l’oscurità tingersi di rosso. Li spalancò. -Che orribile presagio- pensò, cercando di scacciare quella brutta sensazione.
La morte pareva ruggire come una fiera assetata di sangue.
“Vieni subito qui!” Urlò lei richiamando uno dei suoi cuccioli, il più vivace.
“Ho visto un ratto.” Si giustificò lui.
“Non puoi andare verso il paese degli uomini. È molto pericoloso.”
“E perché il ratto ci va?” Mugugnò il cucciolo.
“Perché lui vive sottoterra.”
“Andiamoci anche noi allora sottoterra.” Disse il cucciolo più piccolino.
“Tu Smilzo, ci passeresti per quei buchini, io manco con un’unghia.” Rispose mamma orsa.
“I ratti hanno tutte le fortune.” Affermò un altro cucciolo.
“Come no, la fortuna di morire avvelenati.”
“Ma cosa dici mamma?”
“Gli uomini sono crudeli con gli animali che non amano.”
“E quali animali amano?” Domandò incuriosito lo Smilzo.
“Ben pochi, bambino mio e noi non siamo tra quelli.”
Quella notte mamma orsa sognò la foresta in fiamme: arroventata e rossa, moriva tra i lamenti. Lei fuggìva tra le lingue infuocate con il cuore gonfio di dolore, i suoi cuccioli erano caduti tra le fiamme. Restava di loro solo un mucchietto di cenere, uno sbuffo di grigia fuliggine tra i detriti anneriti.
Si svegliò con un peso sul cuore, un macigno sepolto sotto il suo sterno.
“Non allontanatevi.” Intimò ancora agitata ai suoi 4 cuccioli. Loro ubbidirono ma lo Smilzo restò indietro.
Salirono su per uno stretto sentiero, il verde li inghiottì con i suoi rampicanti e le sue foglie. E il sole accese le cime degli alberi di riflessi dorati.
Un urlo lacerò il silenzio. L’orsa trasalì -esseri umani- pensò. Si girò preoccupata, lo Smilzo stava fuggendo da qualcuno che lo inseguiva. Era terrorizzato, lo sguardo allucinato e i movimenti sempre più goffi e scoordinati. “Attento!” Urlò lei. Ma il cucciolo inciampò, precipitando nel burrone.
Si sentì un tonfo tremendo e nuove urla.
Lei corse verso il precipizio, il cuore in gola e le gambe molli. Guardò nel vuoto, lo Smilzo era laggiù, immobile. Una pozza rossa e densa circondava la sua testolina come una corolla di petali insanguinati.
Le urla si intensificarono. Erano sempre più vicine come se qualcuno le gridasse nelle orecchie. L’orsa si girò di scatto e vide un paio di uomini sul sentiero a pochi metri dai lei.
Si erse sulle zampe posteriori, ritta e minacciosa, agitando le zampe anteriori come un pugile sul ring. Gli uomini gridarono tentando di fuggire, uno di loro, quello con la macchina fotografica in mano, perse l’equilibrio precipitando nel burrone. L’urlo si spense quasi subito. L’altro uomo fuggì a rotta di collo.
Anche l’orsa fuggì insieme ai suoi cuccioli, conscia che presto gli umani le avrebbero dato la caccia.
L’escursionista in fondo al burrone era la sua condanna a morte. Poco importava se il suo cucciolo era precipitato nella scarpata per sfuggire a quell’uomo e alla sua incosciente curiosità.
Melania Corradini