Neanche un fiore

Neanche un fiore un racconto per non sottovalutare l’importanza dei fiori, non solo come arricchimento ornamentale, ma anche e soprattuto nella catena alimentare. Eccezionale fonte di nutrimento per moltissimi insetti, la cui sopravvivenza dipende dal loro prezioso nettare.

Era una bella giornata di sole, l’aria era tiepida, piacevole. E nel turbinio di colori di fine primavera la luce pareva ubriacare il mondo. Si poteva ascoltare la musica degli uccelli e il rumore secco e stridulo dei corvi in lontananza.

L’ape aveva addosso una gran voglia di danzare sui prati. Era felice e rilassata, i raggi del sole illuminavano le sue strisce gialle come preziosi anelli nunziali infilati sulla sua piccola schiena.

Volava rasente al suolo, eppure non sentiva nessun odore.
Mancava qualcosa in quel quadretto di limpida e pura natura: il profumo dei fiori.

I prati erano stati rasati e l’erba era bassa e corta, dei fiori restavano solo pezzi di steli recisi come rami secchi fuoriusciti dalla terra.

L’ape si guardò intorno, insetti ce n’erano ben pochi, al di là della strada c’era un cane che correva inseguendo una palla rossa.

“Che fame.” Pensò lei sorvolando i giardini spogli.
“Ma a chi mai sarà venuto in mente di falciare i prati nella stagione della fioritura?” Si chiese l’insetto cercando disperatamente qualche fiore.

Volò oltre la strada, superò il cane e la sua palla e si diresse a gran velocità verso un grande prato che si intravedeva in lontananza come la promessa di un’oasi in mezzo al deserto.

La fame la tormentava da ore e una volta raggiunto l’appezzamento di terreno, non scorse neanche un fiore. Si aggirò delusa e stanca tra l’erba rada e spelacchiata. Esitò. Poi si posò sul terreno e rifiatò.

“Nemmeno un fiore” bisbigliò morta dalla stanchezza, avvertendo la fame inseguirla come un’ombra minacciosa.

Riprese a volare, il terreno era ampio e lei lo sorvolò per intero, ma l’erba era stata rasata di fresco e tutti i fiori erano stati distrutti.
Ad un tratto l’ape vide una piccola macchia bianca che emanava un buon aroma e vi planò accanto.

“Forse è la corolla di una margherita.” Pensò lei, atterrando sopra a quel candido oggetto. Lo annusò, lo tastò sotto le zampine, era duro e tagliente, eppure aveva un buon odore.

“Non si può succhiare.” Si lamentò, delusa, zampettando sopra l’incarto bianco e lucido di una caramella alla frutta.

L’insetto spiccò nuovamente il volo ma non trovò altri prati e nessun albero in fiore. L’aria all’improvviso divenne più frizzante e il sole tramontò di lì a poco.

“Non riuscirò a ritornare all’alveare prima che scenda la notte.” Si disse lei cercando un riparo.
Si sistemò sopra la ringhiera di un terrazzo, chiuse gli occhi, era così affaticata. Un brivido la scosse ma non aveva più alcuna importanza per lei ripararsi dal vento. Era troppo debole.

La mattina seguente un uomo uscì sul terrazzo insieme a una bambina di una decina d’anni, sbadigliò, si avvicinò alla ringhiera e notò l’insetto.

“Che cos’è?” Gli domandò sua figlia.
“È un’ape morta.” Rispose lui allungando un dito per gettarla giù dal terrazzo.
“No, aspetta papà, sei sicuro che sia morta?”
“Purtroppo sì.” Disse lui spingendola di sotto.
“Perché è morta?” Domandò la bambina.
“Non ha trovato nulla da mangiare.”
“E cosa mangiano le api?” Domandò lei.
“Succhiano il nettare dei fiori.”

La bambina ammutolì osservando il giardino spoglio.
“Papà mi porti a comprare i fiori?”

E così al rientro dal vivaio la bambina insieme al padre sistemarono sul terrazzo diverse piante stracolme di fiori. E da quel giorno in avanti le api iniziarono a far visita a casa della piccola, che le spiava affascinata da dietro i vetri della finestra, mentre loro mangiavano a sazietà.

Melania Corradini

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