Questa è la storia di un passerotto, il racconto di una vita segnata dal disinteresse, una vita marchiata con il triste sigillo dell’indifferenza e della fredda e distaccata visione dell’altro. Anche quando colui che viene ignorato è un animale. Eppure basterebbe uno slancio di generosità per rendere il mondo un posto migliore.
Intorno a lui tutto era diventato bianco, come se un enorme lenzuolo candido fosse stato disteso sul mondo. Nevicava da una settimana e faceva un gran freddo. Gli alberi, le case, perfino i marciapiedi avevano perso colore, tutto era divenuto candido, lucido e gelido.
Il passerotto scosse le piume per sistemarle meglio e per cercare di raccogliere un po’ di calore, ma il tormento peggiore era la fame. Era passato un giorno intero da quando aveva mangiato l’ultima volta e intorno a lui non c’era cibo, solo neve indurita e gelida.
L’uccellino volò su un davanzale, da dietro i vetri lisci e lucidi potè vedere una tavola imbandita, gli venne l’acquolina in bocca.
“Che fame.“ Bisbigliò tra sé.
Gli umani si sedettero a tavola e mangiarono a sazietà. “Beati loro!” Pensò lui, sempre più affamato. Ma non finirono tutto, rimasero degli avanzi e l’uccellino si rallegrò, pensando che sicuramente quelle persone avrebbero gettato qualche pezzetto di cibo anche a lui.
“Me ne basta davvero poco, mi accontento di qualche briciola di pane.“ Bisbigliò, appannando il vetro.
Ma, quando vide aprire il secchio della spazzatura, i suoi peggiori timori si avverarono: gli umani gettarono nell’immondizia gli avanzi.
Allora cinguettò forte da dietro le finestre chiuse, per attirare la loro attenzione.
“Capiranno!“ Si disse.
Dall’interno della casa si udì una voce: “Manda via quell’uccello, o sporcherà tutto il davanzale!”
Una manata nel vetro e il passerotto con il cuore in gola fuggì su un ramo, intirizzito e affamato.
L’uccellino provò, preso dalla disperazione, a rovistare nei bidoni della spazzatura ma erano tutti sigillati; planò nella neve ma beccò solo una massa densa e fredda.
Zampettò e scivolò sul ghiaccio, fissò il cielo ma gli mancarono le forze, si arrese al freddo e alla fame, e l’ultimo battito d’ali, fu solo un brivido violento che lo scosse.
Il mattino seguente, nessuno notò una macchia marrone distesa nella neve, come uno spruzzo di fango.
Melania Corradini
