Lo senti? Ascolta il dolore dei pesci. Quel muto dolore che passa inosservato. Un’assenza di suoni trascurabile, un’agonia intrappolata nel silenzio disperato di due occhi sbarrati e attoniti.
Mi sporsi a guardare e fu uno shock: il blu era stato inghiottito da un fondo di legno duro e inospitale.
Iniziai a dimenarmi e annaspare cercando un po’ d’ossigeno mentre gli uomini esultavano per il loro bottino come selvaggi intorno a un totem.
Sì, non ero l’unico a cui mancava il respiro.
Desideravo l’acqua. Il cielo torreggiava sopra di me come una cappa scura di fuliggine, soffocante e sfrigolante, sperai in una tempesta. Sperai che l’imbarcazione si rovesciasse e mi restituisse il respiro.
Qualcuno mi afferrò e io vidi il blu a cui mi avevano strappato, e piansi.
“Questo è bello grosso!” Disse l’uomo divertito, sollevandomi in aria.
Tentai di sfuggire alla sua presa ma caddi nuovamente sulle tavole, l’angoscia e il dolore mi raggiunsero insieme a quel cielo grigio che pareva volesse cascarmi addosso.
Ora sono disteso sopra a qualcosa di gelido che aderisce alla mia pelle e, se mi muovo, la strappa via.
È freddo ma brucia come fuoco.
Respiro a fatica…acqua…acqua…
“Aiutatemi vi supplico…”
Sento delle voci confuse, qualcuno mi afferra, brandisce un coltello.
No! Vorrei gridare ma la volontà spalanca solo la mia bocca.
L’umano mi squarcia la pancia.
Il dolore mi costringe a contorcermi per l’ultima volta, il sangue si sparge sotto di me come nero di seppia spruzzato per errore.
Soffio via l’ultimo anchilosato respiro e all’improvviso tutto diventa blu.
La corrente è forte, è fresca e rumorosa e, ad ogni codata, aumenta d’intensità.
La seguo, l’acqua è pura come milioni d’anni fa, balzo velocemente in avanti, il futuro è sotto di me: mi immergo.
In profondità c’è una gran pace, un gradevole cullare del mio corpo nell’acqua scura e fredda e tanti altri pesci come me.
Melania Corradini