Questa è la storia di un polpo, un racconto che conferma e vi invita a riflettere sull’immenso valore della vita, qualsiasi forma essa abbia assunto.
Non pensavo potesse capitarmi di peggio che essere sottratto alla roccia.
Invece, venni trascinato fuori come in un brutto sogno, dall’acqua fredda e chiara.
Tutto divenne sbiadito, confuso. Respirare si trasformò nel mio peggior incubo.
Desideravo solo il liquido abbraccio del mare per continuare a vivere. Bramavo il tocco soffice come velluto della sabbia sotto le mie ventose, avide di morbidezza.
Cercavo i colori dei miei fondali, quel caleidoscopio sfavillante di rosso, rosa, arancio e la danza delle alghe al ritmo della corrente, leggere e flessuose come fili d’erba scossi dal vento.
Apparve davanti a me un’ombra scura come la notte, un uomo malvagio mi artigliò la testa con entrambe le mani, le sue dita parevano spilli.
Vidi luccicare qualcosa, era il riflesso del sole sulla lucida superficie del mare, che presto svanì.
Non proverò mai più la sensazione del mio corpo sospeso nell’acqua, non toccherò mai più le rocce ruvide dei fondali, le pietre arancioni, le spugne rosse tra le quali amavo mimetizzarmi.
Il dolore mi sorprese e mi levò quel poco di fiato che ancora possedevo come una forchettata piantata tra le viscere.
Fui colpito e colpito e colpito, la sofferenza divenne insopportabile, come se fossi stato smembrato da un branco di squali.
Dentro agli occhi lacrime blu.
Melania Corradini