Storia di un ratto

Generare dolore porterà inevitabilmente altro dolore. Una catena di sofferenza che risucchierà tutti coloro che seguiranno la strada del disamore e dell’ostilità, lasciandoli chini e sconfitti. Esiste però un percorso alternativo: il rispetto per ogni forma di vita.

“Somiglia molto a del cibo ma mi potrei sbagliare, non mi fido degli umani.”
Il ratto tornò indietro a controllare quella bustina appetitosa appoggiata a terra.

La scrutò con cura come un musicista che scorre uno spartito un po’ troppo complicato.
Alla fine scosse la testa e si ritrasse, quella cosa a terra, non lo convinceva per niente.

“Ho visto morire troppi fratelli e sorelle agonizzando per giorni interi, finché non stramazzavano al suolo, buttando sangue dalla bocca.” Bisbigliò lui, toccando leggermente con la zampina quella diavoleria umana.
“Anzi.” Pensò subito dopo “andrebbe fatta sparire. Ma dove? “

Ci pensò a lungo ma ogni soluzione gli pareva sbagliata: “Nel fiume avveleno i pesci…se la sotterro avveleno insetti e uccelli, se la getto dentro la fogna finisce in mare o peggio ancora, in bocca a qualche ratto o topo.
No…non va bene…oh! Ecco, le butto nella spazzatura degli umani: loro creano il problema, loro lo devono risolvere.”

E così fece. Si arrampicò sopra un bidone dell’immondizia, sollevò con il muso il coperchio che non chiudeva bene e vi fece scivolare dentro la bustina.

“Ehi! Schifoso, via da lì!” Una voce riecheggiò nel vicolo. Il ratto sobbalzò e cadde a terra e riuscì ad evitare la scopa per pura fortuna.

L’uomo lo inseguì brandendo l’arnese come un’arma.
“T’ammazzo lurido ratto!” Urlò l’uomo correndogli dietro goffo e impacciato.
“Vaffanculo panzone!” Rispose il ratto fuggendo, ma finì in un angolo senza via d’uscita.

L’uomo arrivò ansimando “sei morto!”
Sibilò alzando la scopa.
“Prima però t’azzanno fino all’osso!”
Squittì il ratto minaccioso e quando la scopa si abbatté su di lui, saltò agile sulle setole e si arrampicò, in perfetto equilibrio, fino alle mani dell’uomo.

I denti del roditore affondarono nella carne dell’umano come un cucchiaino nella marmellata.
L’urlo squarciò il silenzio fresco e nitido della sera come un tuono che irrompe nella notte placida.

L’uomo si accartocciò su se stesso come una marionetta dai fili recisi mentre grosse gocce vermiglio sferzarono l’asfalto sotto di lui simili a raffiche di pioggia rossa.

Il ratto fuggì nella luce tremolante della sera, il vento si levò sollevando polvere e foglie secche e trasportando le urla dell’uomo nei recessi dannati della notte.

Melania Corradini

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